Matteo 18:21-35 Le Scuole Marziali sono come piccole e modeste lanterne, le quali sono state collocate sul tuo sentiero, non per illuminarne la soglia ed invogliarti ad entrare, ma per indicarti meglio l'infinito brillare lontano. (M. Zannolfi) Benevolenza e misericordia Non esiste né il bene né il male nell’opera dell'acquisizione del sapere (M. Zannolfi) L'autore legge la pagina per te! Allievo e Maestro hanno entrambi sete d'apprendimento. Omologa meta ma diversa finalità nell'acquisizione. Essi s'ascoltano reciprocamente. L'uno usa il senso dell'udito, l'altro quello della vista. Parole e gestualità vengono analizzate e trasformate in nuova linfa. Tutto ciò potrà apparire strano, o contrariamente ordinario, ma è il reale senso dell'acquisizione. Tutto è traslato in base all'esperienza e alla motivazione del singolo. Posto in pratica può concorrere a rifinire notevolmente i processi della pratica del Budō. Questa è una delle motivazioni che mi spinge ancora ad insegnare: "ascoltare" con gli occhi, per dare nuova linfa vitale alle dinamiche tecniche. La mano del Maestro che traccia su carta, riporta con giusto spirito i movimenti marziali. L'intenzionalità di quanto in futuro applicherete, deve essere simile al grido dell'aquila. Tutte hanno il medesimo volo ma differenziano nello strepitio dell'attacco. Fate vostro lo spirito che traspare da ciò che è stato scritto, così agendo renderete onore, sia al vostro credo, sia alla vostra scuola. Taluni discenti, durante il percorso marziale, si trovano a fronteggiare ostative non considerate. Tra le più comuni: famiglia, nuove relazioni, lavoro e distanza. Queste condizioni sono tra quelle ch'io definisco “tagliole nel bosco”. Costoro valutano se sia opportuno abbandonare la strada oppure limitarne l’impegno. Il mutamento l’induce a considerarne gli aspetti facendo sorgere dubbi e accettarne possibili compromessi. Decidono quindi di spogliarsi dell’onere e mutano il proprio andamento. S’allontanano scientemente dal proprio percorso. Sono convinti che, probabilmente in buona fede, risolto o superato l’impedimento possano riprenderne il cammino esattamente dal punto in cui lo hanno interrotto. Essi sappiano che così non potrà essere e né mai sarà. Il “Buon Guerriero” fronteggia gli ostacoli che vengono posti dalle “Ombre del bosco” rimanendo sulla strada e analizzando gli eventi. Se il caso lo richiede si pone in quiescenza. Rinfodera la lama e s’occupa di quanto gli accade. Non importa quanto tempo debba dedicarvisici poiché egli, così facendo, apprende un singolare metodo e agisce un ignoto addestramento durante il quale acquisisce nuovi elementi e opera sconosciuti confronti. Il “Buon Guerriero” durante questo periodo non perde mai di vista l’orizzonte. Pone ancor più meticolosa attenzione al tagliente della sua lama e conserva nel cuore l’emblema della “Scuola” di cui è appartenente. Osserva la politica della cortesia nei riguardi dei suoi compagni d’armi onorandoli nelle sue riflessioni o, seppur fugace, presenza. Il primo opera spogliandosi mentalmente dell’alito marziale mentre l’altro agisce conservandone sia foggia sia spirito. Molti hanno cercato di comprendere il significato della parola “Via”. Ebbene, inconsciamente alcuni di questi stanno già percorrendola, tuttavia non vedono il luogo in cui si trovano. Una sorta di cecità pertinente all'acerbità dell’Animo. La “consapevolezza” del “Buon Guerriero” è unicamente il frutto di valutazioni passate, di scelte comportamentali, le quali hanno saputo e potuto condurlo sul suolo della “Pacata Quiete”. È ragionevole che l’aspro bugeisha perseveri nella sua ricerca, poiché egli ha tratteggiato idealmente la “Via” e ciò non gli dà facoltà d’individuarla. Svuotatevi del vostro sapere, della cultura e della conoscenza, avrete così occhi nuovi con i quali “guardare”. Sappiate liberarvi dall'ambizione del guadagno e del tornaconto. Allontanate i malvagi. Sappiate individuare ciò che di malevolo alberga nel vostro cuore e concedete accoglienza al “Bene”. L’animo benevolo sarà il viatico lungo il cammino. Quando tutto v’apparirà difficile ci sarà sempre una presenza amica che sosterrà il vostro passo, quando le cose andranno bene, senza eccezione, il malevolo cercherà d’ostacolare il vostro tratto offrendovi la ricompensa del peccato. Anelate alla comunione con chi v’assomiglia, sappiate essere misericordiosi, comprensivi e caritatevoli. Così facendo, potrete assaporare la gramigna fatta grano, la fanghiglia divenuta acqua e il vuoto mutatosi in pieno. Nutrendovi di ciò, in questa riconosciuta eucaristia, apprenderete cose nuove, le quali vi sostenteranno di acquisita “consapevolezza” ed essa vi mostrerà il suolo ove, infine, poter ristorare la vostra “Anima”. Oggi, vivere in modo tale che le azioni rispettino la nostra etica e l'altrui morale, è ancora possibile? La virtù e l'onore nel camminamento del "Buon Guerriero" sono divenute fuori tempo, anacronistiche, oppure risultano sempre attuali? Ci viene offerta una scelta di vita nettamente suddivisa tra l'edonismo (concezione filosofica secondo cui il piacere è il bene sommo dell'uomo ed il suo conseguimento il fine esclusivo della vita) ed il senso del dovere verso sé stessi e la famiglia (in forma esasperata e puntigliosa). A fine vita nessuna delle due scelte, tuttavia, sembra condurre all'appagamento della ragione, all’elevazione dell’anima. La prima conduce alla delusione e allo sconforto; la seconda ad una continua insoddisfazione. Ordunque... è forse giunto il momento di ritornare a percorrere la Via indicata dagli anziani e percorsa nel passato, tra gli altri, dall'élite dei guerrieri: la Via dell'onore e delle virtù. Una strada irta di faticosi traguardi, nella quale puoi fare affidamento solo su chi, a sua volta, ha scelto di percorrerla. Qual è lo scopo della nostra vita? Il denaro? Il successo, il possesso, la carriera? Gli antichi pensavano che lo scopo della vita fosse conoscere, ammantarsi e mantenere le virtù. Ce lo ricorda la celebre esortazione di Ulisse ai suoi uomini, così come ce la trasmette Dante nel XXVI canto dell’inferno: «Considerate la vostra semenza: / fatti non foste a viver come bruti, / ma per seguir virtute e conoscenza». Virtute, cioè virtù: una parola desueta, quasi dimenticata. Con queste parole Dante racconta che Ulisse esortò i suoi fratelli, giunti dopo mille pericoli al tramonto della vita, a non vivere come bruti, ma a seguire il desiderio di conoscenza. Oggi si parla molto di valori, piuttosto che di virtù. Ma i valori sono qualcosa di astratto, l’adesione ai quali non costa nulla. Invece le virtù - prudenza, giustizia, fortezza, temperanza, fede, speranza, carità - costano; richiedono sacrificio, pazienza e perseveranza. Non a caso l’esercizio delle virtù è associato alla santità, al valore; le virtù erano «la Via del Cavaliere», la strada nella quale s'incamminavano coloro che hanno rappresentato (e forse rappresentano ancora), in Occidente, il prototipo dell’uomo virtuoso, etico e morale. Come già presumibilmente sapete il termine Dō (道 nel linguaggio ideografico kanji giapponese) significa letteralmente “ciò che conduce” nel senso di “disciplina” vista come “percorso”, “Via”, “cammino”, in senso soprattutto spirituale. Un'elevazione esistenziale, che utilizza la tecnica marziale come strumento di perfezionamento delle abilità e delle capacità psicofisiche del praticante. I suoi simboli sono la spada, che sta a indicare il "buon combattimento", e la bussola che indica la "giusta via”. Uno dei pionieri in occidente di questa disciplina è stato lo scrittore e aforista tedesco Hermann Hesse. Nella cultura tradizionale orientale in genere v’è il convincimento che attraverso lo zelante lavoro di ricerca della perfezione dell'esecuzione del gesto fisico, della compiutezza nell'attuare una forma espressiva di tipo dinamico eseguita mediante una tecnica del corpo, l'uomo possa raggiungere, unitamente alla perfezione dell'esecuzione rituale del gesto, anche l'elevazione spirituale fino alla concretizzazione della propria visione spirituale (zen: termine sanscrito dhyāna "visione"). Questo percorso di ricerca, fisico ed insieme spirituale, in grado di guidare e condurre l'uomo alla compiutezza spirituale attraverso il compimento dell'espressione formale del gesto fisico, è denominato Dō (道). SETTE VOLTE SACRIFICABILE Sebun Shōkōhin セブン 消耗品 Questi vostri mondi, così lontani dal mio spirto, appaiono bellamente confezionati per apparire degni d'essere così vissuti. Nessuno! Non sono nessuno! Né guerriero, né ronin. Nessuna trasformazione degna di kabuki ma Funsui no ko 噴水の子. Tranne la fede che nel mio mondo è effimera ho posseduto e possiedo tuttora tutte le virtù dei cavalieri ed il credo dei samurai. Virtù e principi senza i quali s’avrebbe vita breve in queste strade. Per tutti "Sebun Shōkōhin" 消耗品 ovverosia sette volte sacrificabile… Come tutti noi. Sette, mi conoscono così! Sette, come il numero primo di Ersenne, i colori dell'arcobaleno, l'ammasso di Tolomeo. Sette, sono le virtù: 3 teologali (fede, speranza, carità) e 4 cardinali (giustizia, temperanza, prudenza, fortezza). Sette sono gli attributi fondamentali di Allah: vita, conoscenza, potenza, volontà, udito, vista e parola. Sette sono gli Dei della felicità del buddhismo e dello shintoismo. Secondo il Corano sette sono i cieli creati da Dio, sette le terre, sette i mari, sette gli abissi dell'inferno, e sette le sue porte. Sette sono i versetti della prima Sûra del Corano, la Fâtiha, la più recitata dai fedeli. Sette i gradi di interpretazione dei significati allegorici del Corano (come disse il Profeta). Sette sono le parole arabe della dichiarazione di fede, pronunciando la quale si diventa musulmani, perno di tutto l'Îslâm: Lâ îlâha îlla Âllâh, Muhammad rasûl Âllâh (Non altra divinità che Dio, Maometto è Profeta di Dio). Sette sono le pratiche obbligatorie durante il Pellegrinaggio alla Mecca, sette i giri che si compiono attorno alla Kaaba, sette le corse tra le collinette di Safâ e Marwâ. "Sette" è il numero buddhista della completezza. Sette sono i doni dello Spirito Santo nel Cristianesimo: sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà e timor di Dio. Sette sono i principali Arcangeli del Cristianesimo: Michele, Raffaele, Gabriele, Uriele, Jofiele, Raguel, Zadkiel. Sette sono i libri dell'Eptateuco nella Bibbia: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio, Giosuè, Giudici. Sette sono le divinità mitologiche identificate dalla Cabala ebraica. Sette sono i Sacramenti del cristianesimo cattolico romano: Battesimo, Cresima (o Confermazione), Eucaristia, Penitenza, Unzione degli infermi, Ordine sacro, Matrimonio. Sette sono le chiese dell'Asia dedicatarie dell'Apocalisse di Giovanni (Ap1:4). Queste Chiese sono le destinatarie di 7 lettere (contenute nei cap. 2 e 3), e sono: Efeso, Smirne, Pergamo, Tiatira, Sardi, Filadelfia, Laodicea. Sette sono i Sigilli la cui rottura annuncerà la fine del mondo, seguita dal suono di 7 trombe suonate da 7 Angeli, quindi dai 7 Portenti e infine dal versamento delle 7 Coppe dell'ira di Dio (Giovanni, Apocalisse). Sette sono le opere di misericordia corporale e altrettante sono le opere di misericordia spirituale. Sette sono i dolori di Maria. Sette sono i Rishi (saggi o profeti nella tradizione indiana) dell'Induismo. Sette sono i chakra: Muladhara (tra osso sacro e coccige, verso dietro); Svadisthana (tra II vertebra lombare e osso sacro, verso avanti); Manipura (plesso solare); Anatha (cuore); Vishudda (gola); Anja (terzo occhio, fronte); Sahasrara (fontanella). Nel mondo orientale il bushidō si fonda su sette concetti fondamentali, ai quali il "Buon Guerriero" deve scrupolosamente attenersi: 義, Gi: Onestà e Giustizia - Sii scrupolosamente onesto nei rapporti con gli altri, credi nella giustizia che proviene non dalle altre persone ma da te stesso. Il vero Samurai non ha incertezze sulla questione dell'onestà e della giustizia. Vi è solo ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. 勇, Yu: Eroico Coraggio - Elevati al di sopra delle masse che hanno paura di agire, nascondersi come una tartaruga nel guscio non è vivere. Un Samurai deve possedere un eroico coraggio, ciò è assolutamente rischioso e pericoloso, ciò significa vivere in modo completo, pieno, meraviglioso. L'eroico coraggio non è cieco ma intelligente e forte. 仁, Jin: Compassione - L'intenso addestramento rende il samurai svelto e forte. È diverso dagli altri, egli acquisisce un potere che deve essere utilizzato per il bene comune. Possiede compassione, coglie ogni opportunità di essere d'aiuto ai propri simili e se l'opportunità non si presenta egli fa di tutto per trovarne una. La compassione di un samurai va dimostrata soprattutto nei riguardi delle donne e dei fanciulli. 礼, Rei: Gentile Cortesia - I Samurai non hanno motivi per comportarsi in maniera crudele, non hanno bisogno di mostrare la propria forza. Un Samurai è gentile anche con i nemici. Senza tale dimostrazione di rispetto esteriore un uomo è poco più di un animale. Il Samurai è rispettato non solo per la sua forza in battaglia ma anche per come interagisce con gli altri uomini. Il miglior combattimento è quello evitato. 誠, Makoto: Completa Sincerità - Quando un Samurai esprime l'intenzione di compiere un'azione, questa è praticamente già compiuta, nulla gli impedirà di portare a termine l'intenzione espressa. Egli non ha bisogno né di "dare la parola" né di promettere. Parlare e agire sono la medesima cosa. 名誉, Meiyo: Onore - Vi è un solo giudice dell'onore del Samurai: lui stesso. Le decisioni che prendi e le azioni che ne conseguono sono un riflesso di ciò che sei in realtà. Non puoi nasconderti da te stesso. 忠義, Chugi: Dovere e Lealtà - Per il Samurai compiere un'azione o esprimere qualcosa equivale a diventarne proprietario. Egli ne assume la piena responsabilità, anche per ciò che ne consegue. Il Samurai è immensamente leale verso coloro di cui si prende cura. Egli resta fieramente fedele a coloro di cui è responsabile. A voi che m’interpellate conosciate che il mio nome è sette! Sono nessuno, sono niente… Tuttavia sappiate che la mia Anima è settanta volte sette (Matteo 18:21-35)! Il risultato è il mio credo; la mia spada! M° Michele Zannolfi FONDATORE DEL KHS MARTIAL ART 1982 Japanese kanji Bushidō 侍を意味する日本語の漢字 Il Credo
Benevolenza e misericordia Non esiste né il bene né il male nell’opera dell'acquisizione del sapere (M. Zannolfi) L'autore legge la pagina per te! Allievo e Maestro hanno entrambi sete d'apprendimento. Omologa meta ma diversa finalità nell'acquisizione. Essi s'ascoltano reciprocamente. L'uno usa il senso dell'udito, l'altro quello della vista. Parole e gestualità vengono analizzate e trasformate in nuova linfa. Tutto ciò potrà apparire strano, o contrariamente ordinario, ma è il reale senso dell'acquisizione. Tutto è traslato in base all'esperienza e alla motivazione del singolo. Posto in pratica può concorrere a rifinire notevolmente i processi della pratica del Budō. Questa è una delle motivazioni che mi spinge ancora ad insegnare: "ascoltare" con gli occhi, per dare nuova linfa vitale alle dinamiche tecniche. La mano del Maestro che traccia su carta, riporta con giusto spirito i movimenti marziali. L'intenzionalità di quanto in futuro applicherete, deve essere simile al grido dell'aquila. Tutte hanno il medesimo volo ma differenziano nello strepitio dell'attacco. Fate vostro lo spirito che traspare da ciò che è stato scritto, così agendo renderete onore, sia al vostro credo, sia alla vostra scuola. Taluni discenti, durante il percorso marziale, si trovano a fronteggiare ostative non considerate. Tra le più comuni: famiglia, nuove relazioni, lavoro e distanza. Queste condizioni sono tra quelle ch'io definisco “tagliole nel bosco”. Costoro valutano se sia opportuno abbandonare la strada oppure limitarne l’impegno. Il mutamento l’induce a considerarne gli aspetti facendo sorgere dubbi e accettarne possibili compromessi. Decidono quindi di spogliarsi dell’onere e mutano il proprio andamento. S’allontanano scientemente dal proprio percorso. Sono convinti che, probabilmente in buona fede, risolto o superato l’impedimento possano riprenderne il cammino esattamente dal punto in cui lo hanno interrotto. Essi sappiano che così non potrà essere e né mai sarà. Il “Buon Guerriero” fronteggia gli ostacoli che vengono posti dalle “Ombre del bosco” rimanendo sulla strada e analizzando gli eventi. Se il caso lo richiede si pone in quiescenza. Rinfodera la lama e s’occupa di quanto gli accade. Non importa quanto tempo debba dedicarvisici poiché egli, così facendo, apprende un singolare metodo e agisce un ignoto addestramento durante il quale acquisisce nuovi elementi e opera sconosciuti confronti. Il “Buon Guerriero” durante questo periodo non perde mai di vista l’orizzonte. Pone ancor più meticolosa attenzione al tagliente della sua lama e conserva nel cuore l’emblema della “Scuola” di cui è appartenente. Osserva la politica della cortesia nei riguardi dei suoi compagni d’armi onorandoli nelle sue riflessioni o, seppur fugace, presenza. Il primo opera spogliandosi mentalmente dell’alito marziale mentre l’altro agisce conservandone sia foggia sia spirito. Molti hanno cercato di comprendere il significato della parola “Via”. Ebbene, inconsciamente alcuni di questi stanno già percorrendola, tuttavia non vedono il luogo in cui si trovano. Una sorta di cecità pertinente all'acerbità dell’Animo. La “consapevolezza” del “Buon Guerriero” è unicamente il frutto di valutazioni passate, di scelte comportamentali, le quali hanno saputo e potuto condurlo sul suolo della “Pacata Quiete”. È ragionevole che l’aspro bugeisha perseveri nella sua ricerca, poiché egli ha tratteggiato idealmente la “Via” e ciò non gli dà facoltà d’individuarla. Svuotatevi del vostro sapere, della cultura e della conoscenza, avrete così occhi nuovi con i quali “guardare”. Sappiate liberarvi dall'ambizione del guadagno e del tornaconto. Allontanate i malvagi. Sappiate individuare ciò che di malevolo alberga nel vostro cuore e concedete accoglienza al “Bene”. L’animo benevolo sarà il viatico lungo il cammino. Quando tutto v’apparirà difficile ci sarà sempre una presenza amica che sosterrà il vostro passo, quando le cose andranno bene, senza eccezione, il malevolo cercherà d’ostacolare il vostro tratto offrendovi la ricompensa del peccato. Anelate alla comunione con chi v’assomiglia, sappiate essere misericordiosi, comprensivi e caritatevoli. Così facendo, potrete assaporare la gramigna fatta grano, la fanghiglia divenuta acqua e il vuoto mutatosi in pieno. Nutrendovi di ciò, in questa riconosciuta eucaristia, apprenderete cose nuove, le quali vi sostenteranno di acquisita “consapevolezza” ed essa vi mostrerà il suolo ove, infine, poter ristorare la vostra “Anima”. Oggi, vivere in modo tale che le azioni rispettino la nostra etica e l'altrui morale, è ancora possibile? La virtù e l'onore nel camminamento del "Buon Guerriero" sono divenute fuori tempo, anacronistiche, oppure risultano sempre attuali? Ci viene offerta una scelta di vita nettamente suddivisa tra l'edonismo (concezione filosofica secondo cui il piacere è il bene sommo dell'uomo ed il suo conseguimento il fine esclusivo della vita) ed il senso del dovere verso sé stessi e la famiglia (in forma esasperata e puntigliosa). A fine vita nessuna delle due scelte, tuttavia, sembra condurre all'appagamento della ragione, all’elevazione dell’anima. La prima conduce alla delusione e allo sconforto; la seconda ad una continua insoddisfazione. Ordunque... è forse giunto il momento di ritornare a percorrere la Via indicata dagli anziani e percorsa nel passato, tra gli altri, dall'élite dei guerrieri: la Via dell'onore e delle virtù. Una strada irta di faticosi traguardi, nella quale puoi fare affidamento solo su chi, a sua volta, ha scelto di percorrerla. Qual è lo scopo della nostra vita? Il denaro? Il successo, il possesso, la carriera? Gli antichi pensavano che lo scopo della vita fosse conoscere, ammantarsi e mantenere le virtù. Ce lo ricorda la celebre esortazione di Ulisse ai suoi uomini, così come ce la trasmette Dante nel XXVI canto dell’inferno: «Considerate la vostra semenza: / fatti non foste a viver come bruti, / ma per seguir virtute e conoscenza». Virtute, cioè virtù: una parola desueta, quasi dimenticata. Con queste parole Dante racconta che Ulisse esortò i suoi fratelli, giunti dopo mille pericoli al tramonto della vita, a non vivere come bruti, ma a seguire il desiderio di conoscenza. Oggi si parla molto di valori, piuttosto che di virtù. Ma i valori sono qualcosa di astratto, l’adesione ai quali non costa nulla. Invece le virtù - prudenza, giustizia, fortezza, temperanza, fede, speranza, carità - costano; richiedono sacrificio, pazienza e perseveranza. Non a caso l’esercizio delle virtù è associato alla santità, al valore; le virtù erano «la Via del Cavaliere», la strada nella quale s'incamminavano coloro che hanno rappresentato (e forse rappresentano ancora), in Occidente, il prototipo dell’uomo virtuoso, etico e morale. Come già presumibilmente sapete il termine Dō (道 nel linguaggio ideografico kanji giapponese) significa letteralmente “ciò che conduce” nel senso di “disciplina” vista come “percorso”, “Via”, “cammino”, in senso soprattutto spirituale. Un'elevazione esistenziale, che utilizza la tecnica marziale come strumento di perfezionamento delle abilità e delle capacità psicofisiche del praticante. I suoi simboli sono la spada, che sta a indicare il "buon combattimento", e la bussola che indica la "giusta via”. Uno dei pionieri in occidente di questa disciplina è stato lo scrittore e aforista tedesco Hermann Hesse. Nella cultura tradizionale orientale in genere v’è il convincimento che attraverso lo zelante lavoro di ricerca della perfezione dell'esecuzione del gesto fisico, della compiutezza nell'attuare una forma espressiva di tipo dinamico eseguita mediante una tecnica del corpo, l'uomo possa raggiungere, unitamente alla perfezione dell'esecuzione rituale del gesto, anche l'elevazione spirituale fino alla concretizzazione della propria visione spirituale (zen: termine sanscrito dhyāna "visione"). Questo percorso di ricerca, fisico ed insieme spirituale, in grado di guidare e condurre l'uomo alla compiutezza spirituale attraverso il compimento dell'espressione formale del gesto fisico, è denominato Dō (道). SETTE VOLTE SACRIFICABILE Sebun Shōkōhin セブン 消耗品 Questi vostri mondi, così lontani dal mio spirto, appaiono bellamente confezionati per apparire degni d'essere così vissuti. Nessuno! Non sono nessuno! Né guerriero, né ronin. Nessuna trasformazione degna di kabuki ma Funsui no ko 噴水の子. Tranne la fede che nel mio mondo è effimera ho posseduto e possiedo tuttora tutte le virtù dei cavalieri ed il credo dei samurai. Virtù e principi senza i quali s’avrebbe vita breve in queste strade. Per tutti "Sebun Shōkōhin" 消耗品 ovverosia sette volte sacrificabile… Come tutti noi. Sette, mi conoscono così! Sette, come il numero primo di Ersenne, i colori dell'arcobaleno, l'ammasso di Tolomeo. Sette, sono le virtù: 3 teologali (fede, speranza, carità) e 4 cardinali (giustizia, temperanza, prudenza, fortezza). Sette sono gli attributi fondamentali di Allah: vita, conoscenza, potenza, volontà, udito, vista e parola. Sette sono gli Dei della felicità del buddhismo e dello shintoismo. Secondo il Corano sette sono i cieli creati da Dio, sette le terre, sette i mari, sette gli abissi dell'inferno, e sette le sue porte. Sette sono i versetti della prima Sûra del Corano, la Fâtiha, la più recitata dai fedeli. Sette i gradi di interpretazione dei significati allegorici del Corano (come disse il Profeta). Sette sono le parole arabe della dichiarazione di fede, pronunciando la quale si diventa musulmani, perno di tutto l'Îslâm: Lâ îlâha îlla Âllâh, Muhammad rasûl Âllâh (Non altra divinità che Dio, Maometto è Profeta di Dio). Sette sono le pratiche obbligatorie durante il Pellegrinaggio alla Mecca, sette i giri che si compiono attorno alla Kaaba, sette le corse tra le collinette di Safâ e Marwâ. "Sette" è il numero buddhista della completezza. Sette sono i doni dello Spirito Santo nel Cristianesimo: sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà e timor di Dio. Sette sono i principali Arcangeli del Cristianesimo: Michele, Raffaele, Gabriele, Uriele, Jofiele, Raguel, Zadkiel. Sette sono i libri dell'Eptateuco nella Bibbia: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio, Giosuè, Giudici. Sette sono le divinità mitologiche identificate dalla Cabala ebraica. Sette sono i Sacramenti del cristianesimo cattolico romano: Battesimo, Cresima (o Confermazione), Eucaristia, Penitenza, Unzione degli infermi, Ordine sacro, Matrimonio. Sette sono le chiese dell'Asia dedicatarie dell'Apocalisse di Giovanni (Ap1:4). Queste Chiese sono le destinatarie di 7 lettere (contenute nei cap. 2 e 3), e sono: Efeso, Smirne, Pergamo, Tiatira, Sardi, Filadelfia, Laodicea. Sette sono i Sigilli la cui rottura annuncerà la fine del mondo, seguita dal suono di 7 trombe suonate da 7 Angeli, quindi dai 7 Portenti e infine dal versamento delle 7 Coppe dell'ira di Dio (Giovanni, Apocalisse). Sette sono le opere di misericordia corporale e altrettante sono le opere di misericordia spirituale. Sette sono i dolori di Maria. Sette sono i Rishi (saggi o profeti nella tradizione indiana) dell'Induismo. Sette sono i chakra: Muladhara (tra osso sacro e coccige, verso dietro); Svadisthana (tra II vertebra lombare e osso sacro, verso avanti); Manipura (plesso solare); Anatha (cuore); Vishudda (gola); Anja (terzo occhio, fronte); Sahasrara (fontanella). Nel mondo orientale il bushidō si fonda su sette concetti fondamentali, ai quali il "Buon Guerriero" deve scrupolosamente attenersi: 義, Gi: Onestà e Giustizia - Sii scrupolosamente onesto nei rapporti con gli altri, credi nella giustizia che proviene non dalle altre persone ma da te stesso. Il vero Samurai non ha incertezze sulla questione dell'onestà e della giustizia. Vi è solo ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. 勇, Yu: Eroico Coraggio - Elevati al di sopra delle masse che hanno paura di agire, nascondersi come una tartaruga nel guscio non è vivere. Un Samurai deve possedere un eroico coraggio, ciò è assolutamente rischioso e pericoloso, ciò significa vivere in modo completo, pieno, meraviglioso. L'eroico coraggio non è cieco ma intelligente e forte. 仁, Jin: Compassione - L'intenso addestramento rende il samurai svelto e forte. È diverso dagli altri, egli acquisisce un potere che deve essere utilizzato per il bene comune. Possiede compassione, coglie ogni opportunità di essere d'aiuto ai propri simili e se l'opportunità non si presenta egli fa di tutto per trovarne una. La compassione di un samurai va dimostrata soprattutto nei riguardi delle donne e dei fanciulli. 礼, Rei: Gentile Cortesia - I Samurai non hanno motivi per comportarsi in maniera crudele, non hanno bisogno di mostrare la propria forza. Un Samurai è gentile anche con i nemici. Senza tale dimostrazione di rispetto esteriore un uomo è poco più di un animale. Il Samurai è rispettato non solo per la sua forza in battaglia ma anche per come interagisce con gli altri uomini. Il miglior combattimento è quello evitato. 誠, Makoto: Completa Sincerità - Quando un Samurai esprime l'intenzione di compiere un'azione, questa è praticamente già compiuta, nulla gli impedirà di portare a termine l'intenzione espressa. Egli non ha bisogno né di "dare la parola" né di promettere. Parlare e agire sono la medesima cosa. 名誉, Meiyo: Onore - Vi è un solo giudice dell'onore del Samurai: lui stesso. Le decisioni che prendi e le azioni che ne conseguono sono un riflesso di ciò che sei in realtà. Non puoi nasconderti da te stesso. 忠義, Chugi: Dovere e Lealtà - Per il Samurai compiere un'azione o esprimere qualcosa equivale a diventarne proprietario. Egli ne assume la piena responsabilità, anche per ciò che ne consegue. Il Samurai è immensamente leale verso coloro di cui si prende cura. Egli resta fieramente fedele a coloro di cui è responsabile. A voi che m’interpellate conosciate che il mio nome è sette! Sono nessuno, sono niente… Tuttavia sappiate che la mia Anima è settanta volte sette (Matteo 18:21-35)! Il risultato è il mio credo; la mia spada! M° Michele Zannolfi FONDATORE DEL KHS MARTIAL ART 1982 Japanese kanji Bushidō 侍を意味する日本語の漢字 Il Credo
L'autore legge la pagina per te! Allievo e Maestro hanno entrambi sete d'apprendimento. Omologa meta ma diversa finalità nell'acquisizione. Essi s'ascoltano reciprocamente. L'uno usa il senso dell'udito, l'altro quello della vista. Parole e gestualità vengono analizzate e trasformate in nuova linfa. Tutto ciò potrà apparire strano, o contrariamente ordinario, ma è il reale senso dell'acquisizione. Tutto è traslato in base all'esperienza e alla motivazione del singolo. Posto in pratica può concorrere a rifinire notevolmente i processi della pratica del Budō. Questa è una delle motivazioni che mi spinge ancora ad insegnare: "ascoltare" con gli occhi, per dare nuova linfa vitale alle dinamiche tecniche. La mano del Maestro che traccia su carta, riporta con giusto spirito i movimenti marziali. L'intenzionalità di quanto in futuro applicherete, deve essere simile al grido dell'aquila. Tutte hanno il medesimo volo ma differenziano nello strepitio dell'attacco. Fate vostro lo spirito che traspare da ciò che è stato scritto, così agendo renderete onore, sia al vostro credo, sia alla vostra scuola. Taluni discenti, durante il percorso marziale, si trovano a fronteggiare ostative non considerate. Tra le più comuni: famiglia, nuove relazioni, lavoro e distanza. Queste condizioni sono tra quelle ch'io definisco “tagliole nel bosco”. Costoro valutano se sia opportuno abbandonare la strada oppure limitarne l’impegno. Il mutamento l’induce a considerarne gli aspetti facendo sorgere dubbi e accettarne possibili compromessi. Decidono quindi di spogliarsi dell’onere e mutano il proprio andamento. S’allontanano scientemente dal proprio percorso. Sono convinti che, probabilmente in buona fede, risolto o superato l’impedimento possano riprenderne il cammino esattamente dal punto in cui lo hanno interrotto. Essi sappiano che così non potrà essere e né mai sarà. Il “Buon Guerriero” fronteggia gli ostacoli che vengono posti dalle “Ombre del bosco” rimanendo sulla strada e analizzando gli eventi. Se il caso lo richiede si pone in quiescenza. Rinfodera la lama e s’occupa di quanto gli accade. Non importa quanto tempo debba dedicarvisici poiché egli, così facendo, apprende un singolare metodo e agisce un ignoto addestramento durante il quale acquisisce nuovi elementi e opera sconosciuti confronti. Il “Buon Guerriero” durante questo periodo non perde mai di vista l’orizzonte. Pone ancor più meticolosa attenzione al tagliente della sua lama e conserva nel cuore l’emblema della “Scuola” di cui è appartenente. Osserva la politica della cortesia nei riguardi dei suoi compagni d’armi onorandoli nelle sue riflessioni o, seppur fugace, presenza. Il primo opera spogliandosi mentalmente dell’alito marziale mentre l’altro agisce conservandone sia foggia sia spirito. Molti hanno cercato di comprendere il significato della parola “Via”. Ebbene, inconsciamente alcuni di questi stanno già percorrendola, tuttavia non vedono il luogo in cui si trovano. Una sorta di cecità pertinente all'acerbità dell’Animo. La “consapevolezza” del “Buon Guerriero” è unicamente il frutto di valutazioni passate, di scelte comportamentali, le quali hanno saputo e potuto condurlo sul suolo della “Pacata Quiete”. È ragionevole che l’aspro bugeisha perseveri nella sua ricerca, poiché egli ha tratteggiato idealmente la “Via” e ciò non gli dà facoltà d’individuarla. Svuotatevi del vostro sapere, della cultura e della conoscenza, avrete così occhi nuovi con i quali “guardare”. Sappiate liberarvi dall'ambizione del guadagno e del tornaconto. Allontanate i malvagi. Sappiate individuare ciò che di malevolo alberga nel vostro cuore e concedete accoglienza al “Bene”. L’animo benevolo sarà il viatico lungo il cammino. Quando tutto v’apparirà difficile ci sarà sempre una presenza amica che sosterrà il vostro passo, quando le cose andranno bene, senza eccezione, il malevolo cercherà d’ostacolare il vostro tratto offrendovi la ricompensa del peccato. Anelate alla comunione con chi v’assomiglia, sappiate essere misericordiosi, comprensivi e caritatevoli. Così facendo, potrete assaporare la gramigna fatta grano, la fanghiglia divenuta acqua e il vuoto mutatosi in pieno. Nutrendovi di ciò, in questa riconosciuta eucaristia, apprenderete cose nuove, le quali vi sostenteranno di acquisita “consapevolezza” ed essa vi mostrerà il suolo ove, infine, poter ristorare la vostra “Anima”. Oggi, vivere in modo tale che le azioni rispettino la nostra etica e l'altrui morale, è ancora possibile? La virtù e l'onore nel camminamento del "Buon Guerriero" sono divenute fuori tempo, anacronistiche, oppure risultano sempre attuali? Ci viene offerta una scelta di vita nettamente suddivisa tra l'edonismo (concezione filosofica secondo cui il piacere è il bene sommo dell'uomo ed il suo conseguimento il fine esclusivo della vita) ed il senso del dovere verso sé stessi e la famiglia (in forma esasperata e puntigliosa). A fine vita nessuna delle due scelte, tuttavia, sembra condurre all'appagamento della ragione, all’elevazione dell’anima. La prima conduce alla delusione e allo sconforto; la seconda ad una continua insoddisfazione. Ordunque... è forse giunto il momento di ritornare a percorrere la Via indicata dagli anziani e percorsa nel passato, tra gli altri, dall'élite dei guerrieri: la Via dell'onore e delle virtù. Una strada irta di faticosi traguardi, nella quale puoi fare affidamento solo su chi, a sua volta, ha scelto di percorrerla. Qual è lo scopo della nostra vita? Il denaro? Il successo, il possesso, la carriera? Gli antichi pensavano che lo scopo della vita fosse conoscere, ammantarsi e mantenere le virtù. Ce lo ricorda la celebre esortazione di Ulisse ai suoi uomini, così come ce la trasmette Dante nel XXVI canto dell’inferno: «Considerate la vostra semenza: / fatti non foste a viver come bruti, / ma per seguir virtute e conoscenza». Virtute, cioè virtù: una parola desueta, quasi dimenticata. Con queste parole Dante racconta che Ulisse esortò i suoi fratelli, giunti dopo mille pericoli al tramonto della vita, a non vivere come bruti, ma a seguire il desiderio di conoscenza. Oggi si parla molto di valori, piuttosto che di virtù. Ma i valori sono qualcosa di astratto, l’adesione ai quali non costa nulla. Invece le virtù - prudenza, giustizia, fortezza, temperanza, fede, speranza, carità - costano; richiedono sacrificio, pazienza e perseveranza. Non a caso l’esercizio delle virtù è associato alla santità, al valore; le virtù erano «la Via del Cavaliere», la strada nella quale s'incamminavano coloro che hanno rappresentato (e forse rappresentano ancora), in Occidente, il prototipo dell’uomo virtuoso, etico e morale. Come già presumibilmente sapete il termine Dō (道 nel linguaggio ideografico kanji giapponese) significa letteralmente “ciò che conduce” nel senso di “disciplina” vista come “percorso”, “Via”, “cammino”, in senso soprattutto spirituale. Un'elevazione esistenziale, che utilizza la tecnica marziale come strumento di perfezionamento delle abilità e delle capacità psicofisiche del praticante. I suoi simboli sono la spada, che sta a indicare il "buon combattimento", e la bussola che indica la "giusta via”. Uno dei pionieri in occidente di questa disciplina è stato lo scrittore e aforista tedesco Hermann Hesse. Nella cultura tradizionale orientale in genere v’è il convincimento che attraverso lo zelante lavoro di ricerca della perfezione dell'esecuzione del gesto fisico, della compiutezza nell'attuare una forma espressiva di tipo dinamico eseguita mediante una tecnica del corpo, l'uomo possa raggiungere, unitamente alla perfezione dell'esecuzione rituale del gesto, anche l'elevazione spirituale fino alla concretizzazione della propria visione spirituale (zen: termine sanscrito dhyāna "visione"). Questo percorso di ricerca, fisico ed insieme spirituale, in grado di guidare e condurre l'uomo alla compiutezza spirituale attraverso il compimento dell'espressione formale del gesto fisico, è denominato Dō (道). SETTE VOLTE SACRIFICABILE Sebun Shōkōhin セブン 消耗品 Questi vostri mondi, così lontani dal mio spirto, appaiono bellamente confezionati per apparire degni d'essere così vissuti. Nessuno! Non sono nessuno! Né guerriero, né ronin. Nessuna trasformazione degna di kabuki ma Funsui no ko 噴水の子. Tranne la fede che nel mio mondo è effimera ho posseduto e possiedo tuttora tutte le virtù dei cavalieri ed il credo dei samurai. Virtù e principi senza i quali s’avrebbe vita breve in queste strade. Per tutti "Sebun Shōkōhin" 消耗品 ovverosia sette volte sacrificabile… Come tutti noi. Sette, mi conoscono così! Sette, come il numero primo di Ersenne, i colori dell'arcobaleno, l'ammasso di Tolomeo. Sette, sono le virtù: 3 teologali (fede, speranza, carità) e 4 cardinali (giustizia, temperanza, prudenza, fortezza). Sette sono gli attributi fondamentali di Allah: vita, conoscenza, potenza, volontà, udito, vista e parola. Sette sono gli Dei della felicità del buddhismo e dello shintoismo. Secondo il Corano sette sono i cieli creati da Dio, sette le terre, sette i mari, sette gli abissi dell'inferno, e sette le sue porte. Sette sono i versetti della prima Sûra del Corano, la Fâtiha, la più recitata dai fedeli. Sette i gradi di interpretazione dei significati allegorici del Corano (come disse il Profeta). Sette sono le parole arabe della dichiarazione di fede, pronunciando la quale si diventa musulmani, perno di tutto l'Îslâm: Lâ îlâha îlla Âllâh, Muhammad rasûl Âllâh (Non altra divinità che Dio, Maometto è Profeta di Dio). Sette sono le pratiche obbligatorie durante il Pellegrinaggio alla Mecca, sette i giri che si compiono attorno alla Kaaba, sette le corse tra le collinette di Safâ e Marwâ. "Sette" è il numero buddhista della completezza. Sette sono i doni dello Spirito Santo nel Cristianesimo: sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà e timor di Dio. Sette sono i principali Arcangeli del Cristianesimo: Michele, Raffaele, Gabriele, Uriele, Jofiele, Raguel, Zadkiel. Sette sono i libri dell'Eptateuco nella Bibbia: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio, Giosuè, Giudici. Sette sono le divinità mitologiche identificate dalla Cabala ebraica. Sette sono i Sacramenti del cristianesimo cattolico romano: Battesimo, Cresima (o Confermazione), Eucaristia, Penitenza, Unzione degli infermi, Ordine sacro, Matrimonio. Sette sono le chiese dell'Asia dedicatarie dell'Apocalisse di Giovanni (Ap1:4). Queste Chiese sono le destinatarie di 7 lettere (contenute nei cap. 2 e 3), e sono: Efeso, Smirne, Pergamo, Tiatira, Sardi, Filadelfia, Laodicea. Sette sono i Sigilli la cui rottura annuncerà la fine del mondo, seguita dal suono di 7 trombe suonate da 7 Angeli, quindi dai 7 Portenti e infine dal versamento delle 7 Coppe dell'ira di Dio (Giovanni, Apocalisse). Sette sono le opere di misericordia corporale e altrettante sono le opere di misericordia spirituale. Sette sono i dolori di Maria. Sette sono i Rishi (saggi o profeti nella tradizione indiana) dell'Induismo. Sette sono i chakra: Muladhara (tra osso sacro e coccige, verso dietro); Svadisthana (tra II vertebra lombare e osso sacro, verso avanti); Manipura (plesso solare); Anatha (cuore); Vishudda (gola); Anja (terzo occhio, fronte); Sahasrara (fontanella). Nel mondo orientale il bushidō si fonda su sette concetti fondamentali, ai quali il "Buon Guerriero" deve scrupolosamente attenersi: 義, Gi: Onestà e Giustizia - Sii scrupolosamente onesto nei rapporti con gli altri, credi nella giustizia che proviene non dalle altre persone ma da te stesso. Il vero Samurai non ha incertezze sulla questione dell'onestà e della giustizia. Vi è solo ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. 勇, Yu: Eroico Coraggio - Elevati al di sopra delle masse che hanno paura di agire, nascondersi come una tartaruga nel guscio non è vivere. Un Samurai deve possedere un eroico coraggio, ciò è assolutamente rischioso e pericoloso, ciò significa vivere in modo completo, pieno, meraviglioso. L'eroico coraggio non è cieco ma intelligente e forte. 仁, Jin: Compassione - L'intenso addestramento rende il samurai svelto e forte. È diverso dagli altri, egli acquisisce un potere che deve essere utilizzato per il bene comune. Possiede compassione, coglie ogni opportunità di essere d'aiuto ai propri simili e se l'opportunità non si presenta egli fa di tutto per trovarne una. La compassione di un samurai va dimostrata soprattutto nei riguardi delle donne e dei fanciulli. 礼, Rei: Gentile Cortesia - I Samurai non hanno motivi per comportarsi in maniera crudele, non hanno bisogno di mostrare la propria forza. Un Samurai è gentile anche con i nemici. Senza tale dimostrazione di rispetto esteriore un uomo è poco più di un animale. Il Samurai è rispettato non solo per la sua forza in battaglia ma anche per come interagisce con gli altri uomini. Il miglior combattimento è quello evitato. 誠, Makoto: Completa Sincerità - Quando un Samurai esprime l'intenzione di compiere un'azione, questa è praticamente già compiuta, nulla gli impedirà di portare a termine l'intenzione espressa. Egli non ha bisogno né di "dare la parola" né di promettere. Parlare e agire sono la medesima cosa. 名誉, Meiyo: Onore - Vi è un solo giudice dell'onore del Samurai: lui stesso. Le decisioni che prendi e le azioni che ne conseguono sono un riflesso di ciò che sei in realtà. Non puoi nasconderti da te stesso. 忠義, Chugi: Dovere e Lealtà - Per il Samurai compiere un'azione o esprimere qualcosa equivale a diventarne proprietario. Egli ne assume la piena responsabilità, anche per ciò che ne consegue. Il Samurai è immensamente leale verso coloro di cui si prende cura. Egli resta fieramente fedele a coloro di cui è responsabile. A voi che m’interpellate conosciate che il mio nome è sette! Sono nessuno, sono niente… Tuttavia sappiate che la mia Anima è settanta volte sette (Matteo 18:21-35)! Il risultato è il mio credo; la mia spada! M° Michele Zannolfi FONDATORE DEL KHS MARTIAL ART 1982 Japanese kanji Bushidō 侍を意味する日本語の漢字 Il Credo