CUORE CHE NON DUOLE Attraverso il camminamento KHS MARTIAL ART, con il permesso degli dei (神々の許可を得て), s'apprendono tecniche di Training Autogeno, Alpha Training, Autoinduzione ed Induzione Vocale. L'alterazione autoindotta della percezione emotiva, sensoriale e temporale riduce lo stress psicofisico, il dolore, l'abbandono con possibilità di autoguarigione e riduzione sensibile di stanchezza mentale. Strada adiacente alla “Pacata Quiete”. Oggi prenderemo in considerazione l'appunto disciplinare numero APD088. LA MEDITAZIONE attraverso alcune tecniche di meditazione è possibile “spegnere” una specifica area del cervello L'autore legge la pagina per te! L’obiettivo della meditazione è quello di eliminare con la mente e con tutti i sensi l’ambiente e tutto ciò che v’è dentro per concentrare le nostre fonti energetiche e lasciare che quelle della natura ci pervadano facendoci ascoltare percezioni, sensazioni, pensieri ed emozioni, facendole divenire un unico pensiero, un’unica voce, un’unica luce per calmare il nostro animo e sanarlo. Il buongoverno del sé conduce alla consapevolezza ed ancora una volta il tempo si sospende per permetterci il percorso di comprensione e lenimento interiore. Ritengo che scrivervi della mia esperienza sia per me la cosa più diretta ma soprattutto la più semplice. Sono un poliallergico e sin da adolescente mi rifiutavo di assumere farmaci antidolorifici poiché con estrema facilità andavo in shock anafilattico. Ogni farmaco creava delle lesioni simili a piaghe da decubito. Per allergia si intende una serie di condizioni causate dall'ipersensibilità del sistema immunitario a sostanze tipicamente innocue dell'ambiente (Clemens von Pirquet 1906). Non ho appreso da nessuno la metodica che oggi conosco e comprendo! L’ho creata per oppormi al dolore sia fisico, sia mentale. Sono riuscito attraverso il raccoglimento a bloccare il dolore. Cercando di sviluppare questo analgesico naturale ho conosciuto la meditazione trascendentale; si tratta d’una tecnica meditativa per lo sviluppo di potenzialità umane; la sua origine è da ricondursi alla tradizione vedica ed è stata introdotta in occidente nel 1958 da Maharishi Mahesh Yogi. La meditazione trascendentale è praticata da milioni di persone in tutto il mondo. I metodi principali della meditazione buddhista sono divisi in śamatha (meditazione della tranquillità) e vipassana (meditazione dell'intuito o di profonda visione). La meditazione buddhista è un tipo di meditazione usata nella pratica del buddhismo che include ogni metodo che abbia come ultimo fine l'illuminazione. La parola più simile per esprimere questo concetto, nella tradizione buddhista, è bhavana o sviluppo mentale. Ho usato dal 1982 forme di “tai chi chuan” (tai chi” sta per “grande termine” o “suprema unità”, mentre “chuan” significa “lotta”) nel nostro caso movimenti lenti e coordinati derivanti dalle tecniche del KHS MARTIAL ART indirizzati all'ottenimento dell'equilibrio, della corretta percezione e precognizione ed alla liberazione dell'energia interiore. Questi si sono rivelati una forma di raccoglimento che in altre sfere è conosciuta come “meditazione in movimento”, presente in varie tradizioni religiose, perlopiù afferenti al buddhismo. Ci sono sensazioni cenestesiche offerte dal corpo in movimento; ci sono sensazioni tattili; ci sono le sensazioni visive; possiamo poi concentrarci sulle sensazioni uditive o quelle olfattive. Particolare importanza ha l’espirazione giacché agisce sul sistema parasimpatico favorendo la quiete, la serenità, il recupero delle energie consumate, il controllo bradicardico permettendo così al cuore di compensarsi. Occorre non avere impazienza di terminare l’esercizio poiché il risultato sta nell’esercizio stesso. Non potendo usare questi metodi durante interventi chirurgici in aree particolarmente sensibili ho tentato la “meditazione cristiana” attraverso forme di preghiere realizzate per divenire consapevole e riflettere sulle rivelazioni di Dio. D'altronde meditazione deriva dal verbo latino meditārī, che possiede una gamma di significati, tra cui riflettere, studiare e praticare. La Congregazione per la Dottrina della Fede ha ammonito sulle incompatibilità potenziali del combinare insieme stili cristiani e non cristiani di meditazione. Dopo varie perplessità ho deciso di praticare la “meditazione zen” lo stare fermi e contemplare. Zen è la pronuncia nipponica del carattere cinese 禅 (e Ch'an) (pronunciato [tʂʰǎn]) è la restituzione del carattere in cinese derivante a sua volta dal dialetto di Pechino. Le scuole del buddhismo zen derivano per lignaggi, dottrine e testi strettamente (anche se con delle specifiche evoluzioni) da quelle del buddhismo Chán fondato in Cina dal leggendario monaco indiano Bodhidharma; da lui sarebbe nato anche, secondo alcune leggende, lo stile di combattimento di Shàolínquán. Questo tipo di meditazione mi permetteva di ridurre la paura, l’ansia e lo stress pre-operatorio rafforzando il sistema immunitario, con risultati pari al 80%; in interventi più semplici anche del 100% conducendomi al sonno profondo. Numerose sono le ricerche che supportano l’efficacia della meditazione nella gestione delle differenti forme di dolore, un esempio efficace sono gli studi condotti negli anni ’80 del secolo scorso da John Kabat-Zinn. In associazione a tecniche di visualizzazione (metodo Simonton - oncologo, radiologo e pioniere dell’attuale psiconcologia), la meditazione risulta di comprovata efficacia per la diminuzione del dolore correlato alle malattie oncologiche e per il contenimento degli effetti collaterali della chemioterapia. Altri studi testimoniano l’importanza dell’applicazione di tali pratiche nella fase preoperatoria, per favorire la diminuzione dei tempi di ricovero ospedaliero e la riduzione del dolore conseguente alle procedure chirurgiche. L’esperienza personale della meditazione effettuata in presenza di patologie gravi inguaribili per cui croniche, in cui la malattia governa mente e corpo con continui segnali neuronali errati portando alla sofferenza ed alla demotivazione, offre la possibilità di migliorare la connettività neuronale e la riduzione della sintomatologia dei disturbi mentali ad essa associati. Esercizi con visualizzazioni ed Alpha Training mi hanno aiutato a sollecitare le capacità di automedicazione e relativa guarigione del corpo nonché a rigenerare la corretta “forma mentis”. Per praticare la meditazione all’interno di un nosocomio vi consiglio di informare sia chi occupa la stanza con voi, sia il personale sanitario della vostra intenzione; ove non vi sia nulla di ostativo utilizzare delle cuffie bluetooth con tecnologia di cancellazione del rumore. Il “tappeto” musicale sarà scelto tra quelle musiche che vengono definite di rilassamento. Sappiate che il tempo, anche in questo caso, si modificherà. Un ora potrebbe essere percepita come pochi minuti per cui assicuratevi che coloro che sono tenuti ad assistervi siano al corrente di quanto state facendo altrimenti potrebbero vanificare i risultati semplicemente interpellandovi. Ciò che è più importante è assumere una posizione che vi permetta di sentirvi comodi e rilassàti. Una volta fatto ciò potete chiudere gli occhi (con l’esperienza vi sarà possibile meditare anche ad occhi aperti, senza concentrare lo sguardo su di un punto, ma semplicemente mantenendo una cedevole visione del vuoto). Alcuni traggono beneficio declinando la ripetizione di un mantra, ossia un suono, una parola (ad esempio “quiete”, “tranquillità”) o una frase (“sat, chit, ananda” che significa “esistenza, coscienza, beatitudine”). Ho iniziato la procedura di meditazione mediante la scansione del corpo (Bodisukyan) attraverso la quale si pone progressivamente l’attenzione sulle varie parti del nostro corpo, ricercando sensazioni o semplicemente osservandone lo stato. Gli effetti positivi della meditazione si rilevano anche in alcuni outcomes cardiovascolari. Ad esempio, una ricerca ha osservato come la pratica formale migliorasse alcuni parametri connessi al benessere cardiovascolare, come le High Frequencies (HF), un parametro frequenza-dominio della variabilità della frequenza cardiaca (HRV, Heart Rate Variability) che riflette principalmente l’attività parasimpatica o vagale e che, quando ridotto, si configura come predittore di mortalità cardiovascolare (Krygier 2013). Secondo un’altra ricerca pubblicata su Circulation: Cardiovascular quality and outcomes, coloro che praticavano quotidianamente la meditazione Vipassana avevano il 48% in meno di possibilità di avere un attacco di cuore o un ictus, rispetto a coloro che avevano frequentato un corso di educazione alla salute durato cinque anni dove venivano presi in considerazione dieta ed esercizio fisico. Diversi studi hanno riportato che l’elicitazione (tirar fuori) è efficace terapeuticamente per ridurre gli effetti clinici avversi legati ad alcuni disturbi stress-correlati, come ad esempio ipertensione, ansia, insonnia, diabete e artrite reumatoide. La Risposta di Rilassamento si manifesta quando un individuo si concentra su una parola, un suono, una frase, una preghiera, un movimento, ignorando i pensieri di tutti i giorni. La Risposta di Rilassamento, infatti, aumenta l’espressione di alcuni geni correlati al metabolismo energetico, alle funzioni mitocondriali, alla secrezione di insulina; la stessa Risposta di Rilassamento è anche in grado di ridurre l’espressione di geni correlati alle risposte infiammatoria e da stress. Queste modificazioni nell’espressione genica sono orientate ad aumentare la produzione di energia al livello dei mitocondri, permettendo alle cellule di rispondere adeguatamente all’incremento del fabbisogno di energie, connotato standard presente in ogni condizione di stress. Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Neuroscience e condotto da un gruppo di ricercatori del Wake Forest Baptist Medical Center di Winston-Sale (Usa), la meditazione avrebbe un potere analgesico. Dai risultati è emersa, infatti, una riduzione della percezione dolorifica quantificata tra il 40% e il 93% durante la meditazione, accompagnata da una diminuzione di circa il 57% della percezione soggettiva di fastidio e dispiacere conseguente alla sofferenza. Le scansioni di neuro-imaging hanno individuato a livello cerebrale una sostanziale riduzione dell’attività della corteccia somato-sensoriale notoriamente coinvolta nella genesi del dolore. In aggiunta, si attivavano altre aree cerebrali implicate nella percezione dolorosa: il cingolo anteriore, l’insula anteriore e la corteccia orbito-frontale. Questo circuito elabora i segnali dolorosi, definendo durata ed intensità del dolore percepito. Secondo gli autori, il punto di forza della meditazione sarebbe il coinvolgimento di più aree cerebrali, grazie al quale l’esperienza di dolore risulterebbe addolcita. Grazie alle tecniche di meditazione sarebbe più facile riuscire a concentrarsi sul momento presente. La conferma di questo dato, già noto nella letteratura scientifica di riferimento, ci arriva da uno studio di un gruppo di ricerca del Department of Psychiatry della Yale University School of Medicine. Il contributo di questa ricerca sta nell’aver identificato che attraverso alcune tecniche di meditazione è possibile “spegnere” una specifica area del cervello, indicata nello studio come Default Mode Network (DMN), considerato in grado di generare quel continuo emergere di idee e pensieri (rimuginìo) che in un qualche modo interferisce con ciò che in quel momento si sta facendo. Quest’attività di produzione automatica dei pensieri è presente per circa la metà del tempo della veglia, e può portare alla luce ricordi spiacevoli e contribuire al nascere di preoccupazioni per il futuro, creando così uno stato di ansia e di depressione nella persona. I ricercatori dell’università del Wisconsin hanno dimostrato che grazie alle tecniche di meditazione, è possibile diventare più compassionevoli e più gentili verso il prossimo. La compassione sembra essere qualcosa che può essere migliorata con l’allenamento e la pratica. Gli adulti possono essere addestrati alla compassione. Fino ad oggi poco si sa, in termini scientifici, circa il potenziale umano di coltivare la compassione – lo stato emotivo per cui siamo spinti a prenderci cura altruisticamente di chi soffre o è in una condizione svantaggiata. Un nuovo studio condotto dai ricercatori del Waisman Center della University of Wisconsin-Madison mostra che addestrando un gruppo di giovani adulti alla meditazione compassionevole, un’antica tecnica buddhista per accrescere il senso di accudimento per le persone che soffrono, è effettivamente possibile sostenere questa disposizione nei soggetti. Infine, è possibile addestrarsi finanche combattere in “meditazione attiva” riuscendo a visualizzare in modo alterato il trascorrere del tempo ed i relativi movimenti dell’avversario con possibilità di modificare la propria posizione e la posizione dell’arma in base a ciò che sta accadendo nel tempo ordinario nel quale è isolato il nostro avversario. Ciò che in Sala d’Armi viene definito “combattere avendo già combattuto”. M° Michele Zannolfi FONDATORE DEL KHS MARTIAL ART 1982 神々の許可を得て Kamigami no kyoka o ete CON IL PERMESSO DEGLI DEI
LA MEDITAZIONE attraverso alcune tecniche di meditazione è possibile “spegnere” una specifica area del cervello L'autore legge la pagina per te! L’obiettivo della meditazione è quello di eliminare con la mente e con tutti i sensi l’ambiente e tutto ciò che v’è dentro per concentrare le nostre fonti energetiche e lasciare che quelle della natura ci pervadano facendoci ascoltare percezioni, sensazioni, pensieri ed emozioni, facendole divenire un unico pensiero, un’unica voce, un’unica luce per calmare il nostro animo e sanarlo. Il buongoverno del sé conduce alla consapevolezza ed ancora una volta il tempo si sospende per permetterci il percorso di comprensione e lenimento interiore. Ritengo che scrivervi della mia esperienza sia per me la cosa più diretta ma soprattutto la più semplice. Sono un poliallergico e sin da adolescente mi rifiutavo di assumere farmaci antidolorifici poiché con estrema facilità andavo in shock anafilattico. Ogni farmaco creava delle lesioni simili a piaghe da decubito. Per allergia si intende una serie di condizioni causate dall'ipersensibilità del sistema immunitario a sostanze tipicamente innocue dell'ambiente (Clemens von Pirquet 1906). Non ho appreso da nessuno la metodica che oggi conosco e comprendo! L’ho creata per oppormi al dolore sia fisico, sia mentale. Sono riuscito attraverso il raccoglimento a bloccare il dolore. Cercando di sviluppare questo analgesico naturale ho conosciuto la meditazione trascendentale; si tratta d’una tecnica meditativa per lo sviluppo di potenzialità umane; la sua origine è da ricondursi alla tradizione vedica ed è stata introdotta in occidente nel 1958 da Maharishi Mahesh Yogi. La meditazione trascendentale è praticata da milioni di persone in tutto il mondo. I metodi principali della meditazione buddhista sono divisi in śamatha (meditazione della tranquillità) e vipassana (meditazione dell'intuito o di profonda visione). La meditazione buddhista è un tipo di meditazione usata nella pratica del buddhismo che include ogni metodo che abbia come ultimo fine l'illuminazione. La parola più simile per esprimere questo concetto, nella tradizione buddhista, è bhavana o sviluppo mentale. Ho usato dal 1982 forme di “tai chi chuan” (tai chi” sta per “grande termine” o “suprema unità”, mentre “chuan” significa “lotta”) nel nostro caso movimenti lenti e coordinati derivanti dalle tecniche del KHS MARTIAL ART indirizzati all'ottenimento dell'equilibrio, della corretta percezione e precognizione ed alla liberazione dell'energia interiore. Questi si sono rivelati una forma di raccoglimento che in altre sfere è conosciuta come “meditazione in movimento”, presente in varie tradizioni religiose, perlopiù afferenti al buddhismo. Ci sono sensazioni cenestesiche offerte dal corpo in movimento; ci sono sensazioni tattili; ci sono le sensazioni visive; possiamo poi concentrarci sulle sensazioni uditive o quelle olfattive. Particolare importanza ha l’espirazione giacché agisce sul sistema parasimpatico favorendo la quiete, la serenità, il recupero delle energie consumate, il controllo bradicardico permettendo così al cuore di compensarsi. Occorre non avere impazienza di terminare l’esercizio poiché il risultato sta nell’esercizio stesso. Non potendo usare questi metodi durante interventi chirurgici in aree particolarmente sensibili ho tentato la “meditazione cristiana” attraverso forme di preghiere realizzate per divenire consapevole e riflettere sulle rivelazioni di Dio. D'altronde meditazione deriva dal verbo latino meditārī, che possiede una gamma di significati, tra cui riflettere, studiare e praticare. La Congregazione per la Dottrina della Fede ha ammonito sulle incompatibilità potenziali del combinare insieme stili cristiani e non cristiani di meditazione. Dopo varie perplessità ho deciso di praticare la “meditazione zen” lo stare fermi e contemplare. Zen è la pronuncia nipponica del carattere cinese 禅 (e Ch'an) (pronunciato [tʂʰǎn]) è la restituzione del carattere in cinese derivante a sua volta dal dialetto di Pechino. Le scuole del buddhismo zen derivano per lignaggi, dottrine e testi strettamente (anche se con delle specifiche evoluzioni) da quelle del buddhismo Chán fondato in Cina dal leggendario monaco indiano Bodhidharma; da lui sarebbe nato anche, secondo alcune leggende, lo stile di combattimento di Shàolínquán. Questo tipo di meditazione mi permetteva di ridurre la paura, l’ansia e lo stress pre-operatorio rafforzando il sistema immunitario, con risultati pari al 80%; in interventi più semplici anche del 100% conducendomi al sonno profondo. Numerose sono le ricerche che supportano l’efficacia della meditazione nella gestione delle differenti forme di dolore, un esempio efficace sono gli studi condotti negli anni ’80 del secolo scorso da John Kabat-Zinn. In associazione a tecniche di visualizzazione (metodo Simonton - oncologo, radiologo e pioniere dell’attuale psiconcologia), la meditazione risulta di comprovata efficacia per la diminuzione del dolore correlato alle malattie oncologiche e per il contenimento degli effetti collaterali della chemioterapia. Altri studi testimoniano l’importanza dell’applicazione di tali pratiche nella fase preoperatoria, per favorire la diminuzione dei tempi di ricovero ospedaliero e la riduzione del dolore conseguente alle procedure chirurgiche. L’esperienza personale della meditazione effettuata in presenza di patologie gravi inguaribili per cui croniche, in cui la malattia governa mente e corpo con continui segnali neuronali errati portando alla sofferenza ed alla demotivazione, offre la possibilità di migliorare la connettività neuronale e la riduzione della sintomatologia dei disturbi mentali ad essa associati. Esercizi con visualizzazioni ed Alpha Training mi hanno aiutato a sollecitare le capacità di automedicazione e relativa guarigione del corpo nonché a rigenerare la corretta “forma mentis”. Per praticare la meditazione all’interno di un nosocomio vi consiglio di informare sia chi occupa la stanza con voi, sia il personale sanitario della vostra intenzione; ove non vi sia nulla di ostativo utilizzare delle cuffie bluetooth con tecnologia di cancellazione del rumore. Il “tappeto” musicale sarà scelto tra quelle musiche che vengono definite di rilassamento. Sappiate che il tempo, anche in questo caso, si modificherà. Un ora potrebbe essere percepita come pochi minuti per cui assicuratevi che coloro che sono tenuti ad assistervi siano al corrente di quanto state facendo altrimenti potrebbero vanificare i risultati semplicemente interpellandovi. Ciò che è più importante è assumere una posizione che vi permetta di sentirvi comodi e rilassàti. Una volta fatto ciò potete chiudere gli occhi (con l’esperienza vi sarà possibile meditare anche ad occhi aperti, senza concentrare lo sguardo su di un punto, ma semplicemente mantenendo una cedevole visione del vuoto). Alcuni traggono beneficio declinando la ripetizione di un mantra, ossia un suono, una parola (ad esempio “quiete”, “tranquillità”) o una frase (“sat, chit, ananda” che significa “esistenza, coscienza, beatitudine”). Ho iniziato la procedura di meditazione mediante la scansione del corpo (Bodisukyan) attraverso la quale si pone progressivamente l’attenzione sulle varie parti del nostro corpo, ricercando sensazioni o semplicemente osservandone lo stato. Gli effetti positivi della meditazione si rilevano anche in alcuni outcomes cardiovascolari. Ad esempio, una ricerca ha osservato come la pratica formale migliorasse alcuni parametri connessi al benessere cardiovascolare, come le High Frequencies (HF), un parametro frequenza-dominio della variabilità della frequenza cardiaca (HRV, Heart Rate Variability) che riflette principalmente l’attività parasimpatica o vagale e che, quando ridotto, si configura come predittore di mortalità cardiovascolare (Krygier 2013). Secondo un’altra ricerca pubblicata su Circulation: Cardiovascular quality and outcomes, coloro che praticavano quotidianamente la meditazione Vipassana avevano il 48% in meno di possibilità di avere un attacco di cuore o un ictus, rispetto a coloro che avevano frequentato un corso di educazione alla salute durato cinque anni dove venivano presi in considerazione dieta ed esercizio fisico. Diversi studi hanno riportato che l’elicitazione (tirar fuori) è efficace terapeuticamente per ridurre gli effetti clinici avversi legati ad alcuni disturbi stress-correlati, come ad esempio ipertensione, ansia, insonnia, diabete e artrite reumatoide. La Risposta di Rilassamento si manifesta quando un individuo si concentra su una parola, un suono, una frase, una preghiera, un movimento, ignorando i pensieri di tutti i giorni. La Risposta di Rilassamento, infatti, aumenta l’espressione di alcuni geni correlati al metabolismo energetico, alle funzioni mitocondriali, alla secrezione di insulina; la stessa Risposta di Rilassamento è anche in grado di ridurre l’espressione di geni correlati alle risposte infiammatoria e da stress. Queste modificazioni nell’espressione genica sono orientate ad aumentare la produzione di energia al livello dei mitocondri, permettendo alle cellule di rispondere adeguatamente all’incremento del fabbisogno di energie, connotato standard presente in ogni condizione di stress. Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Neuroscience e condotto da un gruppo di ricercatori del Wake Forest Baptist Medical Center di Winston-Sale (Usa), la meditazione avrebbe un potere analgesico. Dai risultati è emersa, infatti, una riduzione della percezione dolorifica quantificata tra il 40% e il 93% durante la meditazione, accompagnata da una diminuzione di circa il 57% della percezione soggettiva di fastidio e dispiacere conseguente alla sofferenza. Le scansioni di neuro-imaging hanno individuato a livello cerebrale una sostanziale riduzione dell’attività della corteccia somato-sensoriale notoriamente coinvolta nella genesi del dolore. In aggiunta, si attivavano altre aree cerebrali implicate nella percezione dolorosa: il cingolo anteriore, l’insula anteriore e la corteccia orbito-frontale. Questo circuito elabora i segnali dolorosi, definendo durata ed intensità del dolore percepito. Secondo gli autori, il punto di forza della meditazione sarebbe il coinvolgimento di più aree cerebrali, grazie al quale l’esperienza di dolore risulterebbe addolcita. Grazie alle tecniche di meditazione sarebbe più facile riuscire a concentrarsi sul momento presente. La conferma di questo dato, già noto nella letteratura scientifica di riferimento, ci arriva da uno studio di un gruppo di ricerca del Department of Psychiatry della Yale University School of Medicine. Il contributo di questa ricerca sta nell’aver identificato che attraverso alcune tecniche di meditazione è possibile “spegnere” una specifica area del cervello, indicata nello studio come Default Mode Network (DMN), considerato in grado di generare quel continuo emergere di idee e pensieri (rimuginìo) che in un qualche modo interferisce con ciò che in quel momento si sta facendo. Quest’attività di produzione automatica dei pensieri è presente per circa la metà del tempo della veglia, e può portare alla luce ricordi spiacevoli e contribuire al nascere di preoccupazioni per il futuro, creando così uno stato di ansia e di depressione nella persona. I ricercatori dell’università del Wisconsin hanno dimostrato che grazie alle tecniche di meditazione, è possibile diventare più compassionevoli e più gentili verso il prossimo. La compassione sembra essere qualcosa che può essere migliorata con l’allenamento e la pratica. Gli adulti possono essere addestrati alla compassione. Fino ad oggi poco si sa, in termini scientifici, circa il potenziale umano di coltivare la compassione – lo stato emotivo per cui siamo spinti a prenderci cura altruisticamente di chi soffre o è in una condizione svantaggiata. Un nuovo studio condotto dai ricercatori del Waisman Center della University of Wisconsin-Madison mostra che addestrando un gruppo di giovani adulti alla meditazione compassionevole, un’antica tecnica buddhista per accrescere il senso di accudimento per le persone che soffrono, è effettivamente possibile sostenere questa disposizione nei soggetti. Infine, è possibile addestrarsi finanche combattere in “meditazione attiva” riuscendo a visualizzare in modo alterato il trascorrere del tempo ed i relativi movimenti dell’avversario con possibilità di modificare la propria posizione e la posizione dell’arma in base a ciò che sta accadendo nel tempo ordinario nel quale è isolato il nostro avversario. Ciò che in Sala d’Armi viene definito “combattere avendo già combattuto”. M° Michele Zannolfi FONDATORE DEL KHS MARTIAL ART 1982 神々の許可を得て Kamigami no kyoka o ete CON IL PERMESSO DEGLI DEI
L'autore legge la pagina per te! L’obiettivo della meditazione è quello di eliminare con la mente e con tutti i sensi l’ambiente e tutto ciò che v’è dentro per concentrare le nostre fonti energetiche e lasciare che quelle della natura ci pervadano facendoci ascoltare percezioni, sensazioni, pensieri ed emozioni, facendole divenire un unico pensiero, un’unica voce, un’unica luce per calmare il nostro animo e sanarlo. Il buongoverno del sé conduce alla consapevolezza ed ancora una volta il tempo si sospende per permetterci il percorso di comprensione e lenimento interiore. Ritengo che scrivervi della mia esperienza sia per me la cosa più diretta ma soprattutto la più semplice. Sono un poliallergico e sin da adolescente mi rifiutavo di assumere farmaci antidolorifici poiché con estrema facilità andavo in shock anafilattico. Ogni farmaco creava delle lesioni simili a piaghe da decubito. Per allergia si intende una serie di condizioni causate dall'ipersensibilità del sistema immunitario a sostanze tipicamente innocue dell'ambiente (Clemens von Pirquet 1906). Non ho appreso da nessuno la metodica che oggi conosco e comprendo! L’ho creata per oppormi al dolore sia fisico, sia mentale. Sono riuscito attraverso il raccoglimento a bloccare il dolore. Cercando di sviluppare questo analgesico naturale ho conosciuto la meditazione trascendentale; si tratta d’una tecnica meditativa per lo sviluppo di potenzialità umane; la sua origine è da ricondursi alla tradizione vedica ed è stata introdotta in occidente nel 1958 da Maharishi Mahesh Yogi. La meditazione trascendentale è praticata da milioni di persone in tutto il mondo. I metodi principali della meditazione buddhista sono divisi in śamatha (meditazione della tranquillità) e vipassana (meditazione dell'intuito o di profonda visione). La meditazione buddhista è un tipo di meditazione usata nella pratica del buddhismo che include ogni metodo che abbia come ultimo fine l'illuminazione. La parola più simile per esprimere questo concetto, nella tradizione buddhista, è bhavana o sviluppo mentale. Ho usato dal 1982 forme di “tai chi chuan” (tai chi” sta per “grande termine” o “suprema unità”, mentre “chuan” significa “lotta”) nel nostro caso movimenti lenti e coordinati derivanti dalle tecniche del KHS MARTIAL ART indirizzati all'ottenimento dell'equilibrio, della corretta percezione e precognizione ed alla liberazione dell'energia interiore. Questi si sono rivelati una forma di raccoglimento che in altre sfere è conosciuta come “meditazione in movimento”, presente in varie tradizioni religiose, perlopiù afferenti al buddhismo. Ci sono sensazioni cenestesiche offerte dal corpo in movimento; ci sono sensazioni tattili; ci sono le sensazioni visive; possiamo poi concentrarci sulle sensazioni uditive o quelle olfattive. Particolare importanza ha l’espirazione giacché agisce sul sistema parasimpatico favorendo la quiete, la serenità, il recupero delle energie consumate, il controllo bradicardico permettendo così al cuore di compensarsi. Occorre non avere impazienza di terminare l’esercizio poiché il risultato sta nell’esercizio stesso. Non potendo usare questi metodi durante interventi chirurgici in aree particolarmente sensibili ho tentato la “meditazione cristiana” attraverso forme di preghiere realizzate per divenire consapevole e riflettere sulle rivelazioni di Dio. D'altronde meditazione deriva dal verbo latino meditārī, che possiede una gamma di significati, tra cui riflettere, studiare e praticare. La Congregazione per la Dottrina della Fede ha ammonito sulle incompatibilità potenziali del combinare insieme stili cristiani e non cristiani di meditazione. Dopo varie perplessità ho deciso di praticare la “meditazione zen” lo stare fermi e contemplare. Zen è la pronuncia nipponica del carattere cinese 禅 (e Ch'an) (pronunciato [tʂʰǎn]) è la restituzione del carattere in cinese derivante a sua volta dal dialetto di Pechino. Le scuole del buddhismo zen derivano per lignaggi, dottrine e testi strettamente (anche se con delle specifiche evoluzioni) da quelle del buddhismo Chán fondato in Cina dal leggendario monaco indiano Bodhidharma; da lui sarebbe nato anche, secondo alcune leggende, lo stile di combattimento di Shàolínquán. Questo tipo di meditazione mi permetteva di ridurre la paura, l’ansia e lo stress pre-operatorio rafforzando il sistema immunitario, con risultati pari al 80%; in interventi più semplici anche del 100% conducendomi al sonno profondo. Numerose sono le ricerche che supportano l’efficacia della meditazione nella gestione delle differenti forme di dolore, un esempio efficace sono gli studi condotti negli anni ’80 del secolo scorso da John Kabat-Zinn. In associazione a tecniche di visualizzazione (metodo Simonton - oncologo, radiologo e pioniere dell’attuale psiconcologia), la meditazione risulta di comprovata efficacia per la diminuzione del dolore correlato alle malattie oncologiche e per il contenimento degli effetti collaterali della chemioterapia. Altri studi testimoniano l’importanza dell’applicazione di tali pratiche nella fase preoperatoria, per favorire la diminuzione dei tempi di ricovero ospedaliero e la riduzione del dolore conseguente alle procedure chirurgiche. L’esperienza personale della meditazione effettuata in presenza di patologie gravi inguaribili per cui croniche, in cui la malattia governa mente e corpo con continui segnali neuronali errati portando alla sofferenza ed alla demotivazione, offre la possibilità di migliorare la connettività neuronale e la riduzione della sintomatologia dei disturbi mentali ad essa associati. Esercizi con visualizzazioni ed Alpha Training mi hanno aiutato a sollecitare le capacità di automedicazione e relativa guarigione del corpo nonché a rigenerare la corretta “forma mentis”. Per praticare la meditazione all’interno di un nosocomio vi consiglio di informare sia chi occupa la stanza con voi, sia il personale sanitario della vostra intenzione; ove non vi sia nulla di ostativo utilizzare delle cuffie bluetooth con tecnologia di cancellazione del rumore. Il “tappeto” musicale sarà scelto tra quelle musiche che vengono definite di rilassamento. Sappiate che il tempo, anche in questo caso, si modificherà. Un ora potrebbe essere percepita come pochi minuti per cui assicuratevi che coloro che sono tenuti ad assistervi siano al corrente di quanto state facendo altrimenti potrebbero vanificare i risultati semplicemente interpellandovi. Ciò che è più importante è assumere una posizione che vi permetta di sentirvi comodi e rilassàti. Una volta fatto ciò potete chiudere gli occhi (con l’esperienza vi sarà possibile meditare anche ad occhi aperti, senza concentrare lo sguardo su di un punto, ma semplicemente mantenendo una cedevole visione del vuoto). Alcuni traggono beneficio declinando la ripetizione di un mantra, ossia un suono, una parola (ad esempio “quiete”, “tranquillità”) o una frase (“sat, chit, ananda” che significa “esistenza, coscienza, beatitudine”). Ho iniziato la procedura di meditazione mediante la scansione del corpo (Bodisukyan) attraverso la quale si pone progressivamente l’attenzione sulle varie parti del nostro corpo, ricercando sensazioni o semplicemente osservandone lo stato. Gli effetti positivi della meditazione si rilevano anche in alcuni outcomes cardiovascolari. Ad esempio, una ricerca ha osservato come la pratica formale migliorasse alcuni parametri connessi al benessere cardiovascolare, come le High Frequencies (HF), un parametro frequenza-dominio della variabilità della frequenza cardiaca (HRV, Heart Rate Variability) che riflette principalmente l’attività parasimpatica o vagale e che, quando ridotto, si configura come predittore di mortalità cardiovascolare (Krygier 2013). Secondo un’altra ricerca pubblicata su Circulation: Cardiovascular quality and outcomes, coloro che praticavano quotidianamente la meditazione Vipassana avevano il 48% in meno di possibilità di avere un attacco di cuore o un ictus, rispetto a coloro che avevano frequentato un corso di educazione alla salute durato cinque anni dove venivano presi in considerazione dieta ed esercizio fisico. Diversi studi hanno riportato che l’elicitazione (tirar fuori) è efficace terapeuticamente per ridurre gli effetti clinici avversi legati ad alcuni disturbi stress-correlati, come ad esempio ipertensione, ansia, insonnia, diabete e artrite reumatoide. La Risposta di Rilassamento si manifesta quando un individuo si concentra su una parola, un suono, una frase, una preghiera, un movimento, ignorando i pensieri di tutti i giorni. La Risposta di Rilassamento, infatti, aumenta l’espressione di alcuni geni correlati al metabolismo energetico, alle funzioni mitocondriali, alla secrezione di insulina; la stessa Risposta di Rilassamento è anche in grado di ridurre l’espressione di geni correlati alle risposte infiammatoria e da stress. Queste modificazioni nell’espressione genica sono orientate ad aumentare la produzione di energia al livello dei mitocondri, permettendo alle cellule di rispondere adeguatamente all’incremento del fabbisogno di energie, connotato standard presente in ogni condizione di stress. Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Neuroscience e condotto da un gruppo di ricercatori del Wake Forest Baptist Medical Center di Winston-Sale (Usa), la meditazione avrebbe un potere analgesico. Dai risultati è emersa, infatti, una riduzione della percezione dolorifica quantificata tra il 40% e il 93% durante la meditazione, accompagnata da una diminuzione di circa il 57% della percezione soggettiva di fastidio e dispiacere conseguente alla sofferenza. Le scansioni di neuro-imaging hanno individuato a livello cerebrale una sostanziale riduzione dell’attività della corteccia somato-sensoriale notoriamente coinvolta nella genesi del dolore. In aggiunta, si attivavano altre aree cerebrali implicate nella percezione dolorosa: il cingolo anteriore, l’insula anteriore e la corteccia orbito-frontale. Questo circuito elabora i segnali dolorosi, definendo durata ed intensità del dolore percepito. Secondo gli autori, il punto di forza della meditazione sarebbe il coinvolgimento di più aree cerebrali, grazie al quale l’esperienza di dolore risulterebbe addolcita. Grazie alle tecniche di meditazione sarebbe più facile riuscire a concentrarsi sul momento presente. La conferma di questo dato, già noto nella letteratura scientifica di riferimento, ci arriva da uno studio di un gruppo di ricerca del Department of Psychiatry della Yale University School of Medicine. Il contributo di questa ricerca sta nell’aver identificato che attraverso alcune tecniche di meditazione è possibile “spegnere” una specifica area del cervello, indicata nello studio come Default Mode Network (DMN), considerato in grado di generare quel continuo emergere di idee e pensieri (rimuginìo) che in un qualche modo interferisce con ciò che in quel momento si sta facendo. Quest’attività di produzione automatica dei pensieri è presente per circa la metà del tempo della veglia, e può portare alla luce ricordi spiacevoli e contribuire al nascere di preoccupazioni per il futuro, creando così uno stato di ansia e di depressione nella persona. I ricercatori dell’università del Wisconsin hanno dimostrato che grazie alle tecniche di meditazione, è possibile diventare più compassionevoli e più gentili verso il prossimo. La compassione sembra essere qualcosa che può essere migliorata con l’allenamento e la pratica. Gli adulti possono essere addestrati alla compassione. Fino ad oggi poco si sa, in termini scientifici, circa il potenziale umano di coltivare la compassione – lo stato emotivo per cui siamo spinti a prenderci cura altruisticamente di chi soffre o è in una condizione svantaggiata. Un nuovo studio condotto dai ricercatori del Waisman Center della University of Wisconsin-Madison mostra che addestrando un gruppo di giovani adulti alla meditazione compassionevole, un’antica tecnica buddhista per accrescere il senso di accudimento per le persone che soffrono, è effettivamente possibile sostenere questa disposizione nei soggetti. Infine, è possibile addestrarsi finanche combattere in “meditazione attiva” riuscendo a visualizzare in modo alterato il trascorrere del tempo ed i relativi movimenti dell’avversario con possibilità di modificare la propria posizione e la posizione dell’arma in base a ciò che sta accadendo nel tempo ordinario nel quale è isolato il nostro avversario. Ciò che in Sala d’Armi viene definito “combattere avendo già combattuto”. M° Michele Zannolfi FONDATORE DEL KHS MARTIAL ART 1982 神々の許可を得て Kamigami no kyoka o ete CON IL PERMESSO DEGLI DEI