|
|
[...] Usa il non
metodo come metodo e l'assenza di limiti come limite.
L'arte
senz'arte è l'arte dell'anima in pace, tranquilla, come la luce
della luna che si specchia sul fondo del lago. L'arte è la via
che porta all'assoluto e all'essenza della vita umana.
Mi muovo e non
mi muovo. Sono come la luna sotto le onde, che sopra di essa
oscillano e s'increspano incessantemente. Non pensare «sto
facendo la tal cosa»; pensa invece «la tal cosa avviene
attraverso me, o per me». La coscienza dell'io è il maggiore
ostacolo alla corretta esecuzione di ogni azione fisica.
L'ignorante riderà di me, il saggio capirà.
|
|
Voce
di Bruce Lee: Concetto dell'acqua (1971).
|
Try to empty your mind, be formless, shapeless
like water. Water can flow. Water can crash. You
put water into a cup, it becomes the cup; you
put water into a bottle, it becomeas the bottle;
you put water into a teapot, it becomes the
teapot. Be water, my friend.
|
|
Cerca di svuotare la mente, sii senza sagoma,
informe come l'acqua. L'acqua può scorrere.
L'acqua può danneggiare. Metti l'acqua in una
tazzina, diventerà quella tazzina; metti l'acqua
in una bottiglia, diventerà quella bottiglia;
metti l'acqua in una teiera, diventerà quella
teiera. Sii acqua, amico mio. |
Traduzione a
cura di Anna Lynch |
si ringrazia
per la collaborazione Michela Baccanelli |
|
|
|
«Il
nome è un augurio». L’antica concezione che il nome è in
stretto rapporto col destino del suo possessore, ha certamente
influito sulla scelta dei genitori del piccolo Lee Jun Fan (in
alcune biografie:
Li Zhenfan).
Alla sua nascita, il padre Lee Hoi Chuen e la moglie Grace,
occasionalmente in America in quanto impegnati in una serie di
spettacoli teatrali
(il padre era un cantante d'opera cantonese),
decisero d'esprimere le loro aspettative attribuendo al figlio il
nome Jun Fan, che dalla traslitterazione cinese ha come significato:
"Chi torna".
Ciò non deve apparirci in alcun modo strano; nel nostro paese,
imponendo il nome dei santi cattolici, ci si augura non solo la loro
protezione per il bambino, ma anche la trasmissione delle loro
virtù.
Si
racconta che quest'attribuzione non fu interamente compresa dal
personale medico del “Jackson Street Hospital” di Chinatown (San
Francisco), e il 27 novembre 1940, al piccolo Lee,
verosimilmente fu applicata la norma di Legge, che modificò il nome
Lee Jun Fan nel più californiano Bruce Lee.
Ciò è credibile in quanto, omologamente, in Italia quando non viene
assegnato un nome al bambino vi supplisce l'ufficiale di stato
civile (art. 29 comma 4 - D.P.R. n° 396).
In questo testo non desideriamo proporre la biografia del Maestro
Bruce Lee. D'altronde esistono molte pagine in cui è possibile
leggere eccellenti biografie sul Maestro fondatore del JKD. Mi
piacerebbe piuttosto approfondire aspetti inconsueti, legati a ciò
che egli definiva: L'Arte dell'Anima. Furono molto gli
incroci di destini che condussero Lee, a basare i propri concetti
sulla concezione buddista, taoista e zen, sino a fargli desiderare
ed ottenere la laurea in filosofia (Washington University). I
manoscritti che servirono alla stampa postuma del libro «Tao of jeet
kune do» si fondarono su questa base.
Lee: - Pugni e calci
sono mezzi per uccidere l'ego. Rappresentano la forza
dell'immediatezza intuitiva e istintiva, la quale - a differenza
dell'intelletto e dell'Io complesso - è monolitica e quindi
perfetta. I pugni e i calci seguono la via diretta.
Bruce Lee percorse strade parallele: recitazione, danza e arte
marziale. Riuscì, amalgamandole, a restituircele quali scrigno del
suo pensiero. La moltitudine vedeva Bruce Lee esclusivamente quale
attore marziale, ed egli ideò e diede a loro, nella trasposizione
cinematografica, parole nuove. Incorporò nel gesto marziale le
capacità di danzatore, rendendo eleganti movimenti che sino ad
allora c'erano stati proposti rigidamente. Il suo passo "Elefante"
(movimento di spostamento laterale a gambe incrociate) è l'emblema
di questa fusione. Esasperò e drammatizzò il "Kiai", trascinandolo a
lungo nello spasmo smorfioso del suo volto, traducendolo
progressivamente in: determinazione nell'azione, dolore spirituale
del gesto e calma interiore del giusto. Riuscì a miscelare la
veemenza con la quiete, divenendo
l’ideale eroico.
"Il
coraggio non crea un uomo avventato, bensì un uomo estremamente
paziente, da nulla turbato e che, soprattutto, nulla turba
dell’Ordine Universale cui sa di appartenere". Ed è proprio in
questo senso che le parole di Junyû Kitayama rivelano l’essenza del
Bruce Lee attore; in una assoluta libertà di finzione
cinematografica, egli asseconda, in realtà, una volontà superiore,
ben cosciente della caducità del suo corpo mortale, ma assolutamente
convinto delle potenzialità insite in ogni suo gesto compiuto in
armonia col Tutto. Detto questo, si comprende quanto in profondità
l’ideale eroico affondi le sue radici nella coscienza religiosa
della dottrina shintoista, assumendone e facendone propri i
fondamenti. Ovvero: della continuità della vita oltre la morte come
prova del proprio onore, volontà, abnegazione; l’idea della vita
come percorso di purificazione interiore orientato all’unità di
corpo e spirito attraverso, e non solo, le arti marziali.
Il
Maestro Bruce Lee, osservando i principi filosofici zen, non
si poneva come "Luna" bensì come il "Dito" che la indicava. Egli
aveva doti di "Buon Maestro".
Lee: - Scopo dell'arte
non è la promozione unilaterale dello spirito, dell'anima e dei
sensi, ma l'apertura al ritmo vitale del mondo della natura di tutte
le facoltà umane: del pensiero, dei sentimenti e della volontà. Così
potrà essere udita la voce senza voce, e l'Io entrerà in armonia con
essa. Essa è un mezzo o il riflesso di una fase dell'evoluzione
artistica, la cui perfezione non è reperibile nella forma ma deve
irradiarsi dall'anima.
Nelle sue parole v'è la convinzione che occorra spogliarsi di tutto
ciò che è precostituito, del bagaglio di pensiero sociale in quanto
non frutto di un percorso interiore, ambendo costantemente
all'armonia universale. Bruce Lee conobbe precocemente il dualismo,
che dimorò nel suo animo: insegnamento di pensiero e insegnamento
marziale, anche se spiritualità e marzialità non debbono
necessariamente scindersi è molto complicato il loro insegnamento
univoco.
Questo dualismo permase nel suo animo. Cercherà in molti modi di
confrontarsi con il suo "credo". Come sempre succede in questa
ricerca, poté inoltrandosi in strade che altrimenti non
avrebbe mai percorso.
Marzialmente analizzò con metodo:
posture, guardie, attacchi e
difese, ma soprattutto impossessandosi di ciò che egli riteneva
"realmente applicabile" in molteplici discipline. Il Maestro Bruce
Lee s'avvierà così nella creazione di nuove tecniche divenendo
allievo di se stesso.
Filosoficamente approfondì i
pensieri di molte religioni,
basò i propri concetti sulle concezione cosmologica buddhista dei
cinque elementi,
riportandoli attraverso
molteplici appunti (purtroppo nel libro
«Tao of jeet kune do» ne sono riportati solo
alcuni).
A completamento di quanto avviato presso il
college "La Salle", ove maturò la decisione di dedicarsi
approfonditamente allo studio, e alla pratica, delle arti marziali,
Lee decise che era giunto il tempo di dare vita ad
una nuova disciplina fondando
così il : Jeet Kune Do.
Si abbia cognizione che il significato di «Jeet Kune Do» trae
origine dal termine "combattimento senza armi" è dato che
l'ideogramma cinese rappresentante questo concetto raffigura un
"pugno", Bruce Lee designò per la sua disciplina la denominazione
"Via per intercettare il pugno". Nella corretta traslitterazione
filosofica, deve essere in questo modo definita: "La via per
intercettare un attacco, contro un uomo disarmato, con un
contrattacco, agendo tra il suo pensiero e la sua azione".
Il contesto di molte sue scelte deve essere inserito nel clima degli
anni sessanta e settanta. Lee era uno straniero per i cinesi e un
cinese per gli americani. I suoi tratti orientali influenzarono
innegabilmente il giudizio di un popolo, che si ritrovò coinvolto in
un conflitto (guerra del Vietnam 1960/1975) contro un nemico che
somigliavagli. Bruce Lee conobbe sia il razzismo occidentale sia
orientale, la semipovertà e l’emigrazione. Queste cose, in seguito
ad un percorso interiore, lo fecero tendere definitivamente verso la
luce. |
|
|
[...] L'addestramento perfetto porta alla semplicità,
l'addestramento imperfetto induce all'esibizione a scopo estetico. |
|
|
Original painted by Mia Monre |
Il desiderio sostanziale di Bruce Lee, era, mediante l’arte
marziale, riuscire a fondere culture sociali diverse. Forse anche
per questo egli scelse il termine giapponese «Do» e non il cinese «Dao»
per indicare la «Via». La sua missione nel mondo era far comprendere
che attraverso la conoscenza della propria essenza si giunge
all'elevazione dell'anima.
Il Maestro Lee,
s'augurava che i cultori delle arti marziali avessero più interesse
per la radice della "pianta" che per i rami, i fiori e le foglie,
che rappresentano le sue parti decorative.
Invitava così ad un'analisi più profonda e proficua di ciò che era
il suo pensiero marziale.
Il
fondatore del JKD, semplificava così i concetti dei Grandi Maestri:
Lee: - A più di un
artista marziale piace il "qualcosa in più" il "qualcosa di
diverso", senza sapere che la verità e la Via sono nella vita di
ogni giorno. È proprio qui che sbagliano. Se esiste un segreto, lo
cercano dove non è. La verità non ha una sua via. La verità è viva e
perciò mutevole.
La
cultura marziale rifletteva indissolubilmente quella filosofica.
Bruce Lee s'auspicava individualità (essere se stessi) affermando
che, altrimenti, l'atleta sarebbe stato sottoposto ad influssi
estranei alla sua coscienza (subconscio), della cui esistenza prima
non si sarebbe accorto. Egli, rivolgendosi agli insegnanti,
affermava che l'allenamento non opera su un oggetto, ma sullo
spirito e sulle emozioni di un essere umano. Per agire su sfere così
delicate occorrono intelligenza e discernimento.
Un Istruttore deve sempre tener conto di ciò.
Lee: - Il Jeet Kune Do
favorisce l'informalità, quindi può adottare tutte le forme; non
avendo uno stile proprio utilizza tutti gli stili, si adegua a tutte
le circostanze. Di conseguenza il Jeet Kune Do si serve di tutti i
mezzi e non è vincolato da nessuno, adotta qualsiasi tecnica o mezzo
utile al suo scopo. È l'efficienza che decide l'esito dell'incontro.
Il
Jeet Kune Do era un'arte in "movimento", ovvero tendente al
raggiungimento della pienezza. Il suo fondatore era ben conscio che
l'evoluzione delle tecniche ideate, avanzasse di giorno in giorno
prendendo nuove e inaspettate direzioni. L'osservazione dei suoi
allievi impegnati in allenamento, lo consigliava a nuove
considerazioni tecniche, modificandone inevitabilmente la matrice
fisica. La tecnica era dentro di lui senza forma definitiva ed egli
lasciava semplicemente che fuoriuscisse, si trasformasse e vivesse
di suo. Ogni
«Buon
Maestro»
deve essere in grado d'apprendere da ogni Allievo.
Lee: - E man mano che
progredirai conoscerai la vera natura della Via, nella sua
semplicità. Sia che frequenti un tempio, sia che frequenti un Kwoon,
segui la semplice Via della natura, e vivrai una vita che non hai
mai conosciuto.
Nonostante l'eccellenti intenzioni dei vari interpreti contemporanei
del Jeet kune Do, la scomparsa prematura di Bruce Lee, ha impedito
l'originale sviluppo filosofico di questa Arte.
Le
Arti Marziali
sono state, e sono, spesso usate quale metodo di traduzione di
concetti universali e valori spirituali, i quali, diversamente, non
troverebbero accoglimento.
L'addestramento è il grande simulatore della vita stessa. Offre
l'opportunità di comprendere la propria fragilità e fortificarla.
Conoscere le propria debolezza e superarla. Verificare il proprio
limite e perciò rispettarlo. Nell'addestramento l'atleta sappia,
senza alcuna ombra di dubbio, che il «dono» non lo riceverà al
traguardo poiché esso è insito nell'addestramento stesso.
Lee: - L'apprendimento
di un'arte marziale è simile all'esperienza del buddhismo. Entrambe
vengono interiorizzate. Acquisti la certezza di possedere ciò di cui
hai veramente bisogno. È quando ce l'hai, sai che fa parte di te.
Fin qui puoi arrivare. Non riesci a capire tutto, ma non ti
arrendere. Sbarazzati delle idee "non chiare" e agisci attingendo
alle tue radici.
L'Arte dell'Anima è la ricerca della consapevolezza,
attingendo dalla propria essenza, privandosi del superfluo. Il
fine da perseguire è la conoscenza a cui seguiranno innegabilmente
illuminazione e la singola rivelazione.
Lee: - Metti a fuoco
la mente e mantienila vigile perché possa intuire immediatamente la
verità, che è in ogni dove. Libera la mente dalle abitudini,
processi ideativi restrittivi e dallo stesso pensiero ordinario.
Gratta via tutta la sporcizia che il tuo essere ha accumulato e
metti a nudo la realtà nella sua essenza o nella sua vera identità,
il che corrisponde al concetto buddhista di vuoto.
Comprendendo che il suo pensiero filosofico non era stato accolto
nella misura auspicata, e in alcuni casi equivocato, il Maestro
Fondatore del Jeet Kune Do decise di chiudere definitivamente le
porte di tutte le sue scuole (1970)
e dedicarsi all'insegnamento individuale.
Lee: - Vedere una
situazione semplicemente come essa è, risulta difficile. Le nostre
menti infatti sono molto complesse, e mentre è facile insegnare una
tecnica, insegnare un atteggiamento interiore è difficile.
Il maestro Bruce Lee possedeva sicuramente molte «chiavi», e avrebbe
trovato la «Via» in alquanti modi. La sua Anima ha voluto rivelarsi
altresì, mettendosi la veste delle arti, prendendo così
aspetto evidente , in modo d'essere scorta da noi tutti. Egli
affermava: L'arte è la via che porta all'assoluto e all'essenza
della vita umana.
In ultima analisi, mi piace pensare che come
a Munster, la maggiore provincia della Repubblica d'Irlanda, in
straordinaria omonimia, i fiumi Lee e Brandon confluiscono nello
stesso oceano, così, il figlio Brandon e il padre Lee si siano
ritrovati nello stesso cielo, quali confortatori
infine
confortati.
|
Per questa
realizzazione |
si
ringraziano |
|
(in ordine alfabetico) |
|
|
|
Antonia Barbieri |
|
Documentarista |
David Koong Pak Sen |
|
Traduzioni |
Dick Hennessy |
|
Traduzioni |
Federico Masiero |
|
Consulenza esterna |
Gaetano Papagni |
|
Supporto Tecnico |
M. Uyehara |
|
Traduzioni |
Sam Delmai |
|
Elaborazioni Grafiche |
|
|
Le
citazioni sono tratte liberamente |
da |
TAO
OF JEET KUNE DO |
appunti fedeli |
di |
|
Maestro Fondatore della disciplina JKD |
|
|
|