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[...] Mi prenderò cura di ciò. Limiterò la mia azione al fine di percepirne, dei miei avversari, il cuore. Quando il battito sarà visibile sulle punte delle loro lame, io saprò che a quel punto sarà giunto il momento di tradurre la mia pacata quiete in istantaneo agire e veemente furore [...]
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Nel combattimento marziale la “ spada ” è sempre stata un'arma con connotazioni personali, associata a un'idea di distinzione. Per questo motivo, si usava fregiare con ricche decorazioni e talvolta ornare con gioielli le else delle spade di capi politici e militari, di nobili e di guerrieri dal valore eccezionale, e le stesse lame erano intarsiate con oro e argento, o forgiate in modo da produrre un effetto marezzato, secondo l'uso di Damasco. Alla spada, inoltre, era spesso attribuita un'importanza simbolica. Nella mitologia e nella letteratura, le spade di eroi o grandi guerrieri sono sovente dotate di poteri magici. I giuramenti di fedeltà erano normalmente proferiti sulla spada e i sovrani conferivano il grado di cavaliere, o altre investiture, toccando la spalla con una spada. Per chi si arrendeva in combattimento, l'offerta della propria spada era segno di sottomissione, e per degradare un ufficiale si usava spezzare la spada in sua dotazione.
«Non vi è forse un paese al mondo» scriveva McClatchie nel 1873, «dove la spada, quest'arma cavalleresca di tutte le epoche, abbia avuto a suo tempo una fama ed un onore paragonabili a quelli avuti in Giappone» (McClatchie, 55). Neppure in Inghilterra durante il Medioevo quando alle spade venivano dati nomi propri e venivano attribuite particolari virtù, si era mai sviluppato come si è espresso con tanta esattezza Harrison, «il culto del freddo acciaio». La spada, scriveva Brinkley «aveva esercitato un influenza potente sulla vita della nazione giapponese». La distinzione del portarla, i diritti che conferiva, le imprese con essa compiute, la fama legata alla particolare abilità nell'usarla, le superstizioni ad essa connesse, il valore incredibile di una buona lama, gli onori accordati agli spadari esperti, le tradizioni familiari sorte intorno alle armi celebri, lo studio profondo necessario per diventare un giudice competente delle qualità di una spada. Tutte queste cose contribuirono a conferire alla Katana una importanza che esorbita dai limiti della concezione comune (Brinkley, 142-43). La spada pareva esercitare uno strano fascino sui membri di tutte le classi ma per il Buschi significava l'inizio della sua vita di guerriero, ne segnava i progressi, e spesso era lo strumento della sua fine prematura. La spada è circondata da leggende che risalgono a periodi e ad eventi già velati dalle nebbie del tempo quando la classe militare cominciò la sua avanzata verso il centro politico del Giappone. V'erano due svolte principali nella vita di un bambino nato o adottato dai Buke. La prima era costituita dalla cerimonia con cui riceveva la sua prima spada (Mamori gatana), una spada talismano con l'elsa e il fodero coperti di broccato, cui era fissato un Kinchaku (una borsa o borsello), portata dai bambini di età inferiore ai 5 anni (Stone, 433). La seconda cerimonia era il Gembuku che simboleggiava la sua accettazione come uomo tra gli uomini. In questa occasione, il ragazzo riceveva le sue prime vere spade e l'armatura, ed i suoi capelli venivano acconciati secondo lo stile usato dagli adulti. Dal quel momento in poi, egli doveva specializzarsi nelle funzioni tipiche del suo rango entro la gerarchia del clan, ma senza trascurare mai l'addestramento nell'arte d'usare l'arma, che era stata definita dal codice militare come "l'anima vivente del samurai". Tutti i guerrieri, indipendentemente dal rango, venivano addestrati nella scherma. Quelli d'alto rango, naturalmente, aveva più tempo da dedicare al conseguimento dell'eccellenza in quest'arte, e alla ricerca d'istruttori migliori. Il che spiega perché un subordinato di rango inferiore, sebbene avesse una più lunga esperienza in fatto di vita militare, di solito non era un avversario adeguato per un buschi in un duello. Questa situazione, illustrata chiaramente da Fukuzawa Yukichi nel suo Kyuhanjo, era simile a quella dell'Europa durante il XVI e l'inizio del XVII, quando veterani induriti da innumerevoli battaglie non erano ancora all'altezza di un aristocratico ben addestrato nell'uso della spada, l'arma del nobile che, con l'ascesa al potere della borghesia alla fine del secolo XVII e all'inizio del XVIII venne conosciuta come "l'arma del gentiluomo". Holtom scriveva che «come gli antichi greci e gli antichi germani, ed altri popoli, gli antichi giapponese "deificavano" le loro spade e davano loro nomi di Kami» (Holton, 46). Questo autore riteneva che non fosse difficile comprendere «come una spada che ha salvato la vita, ucciso i nemici e compiuto altre imprese prodigiose, oppure una molto vecchia, possa venire considerata come un essere umano, ricca di strani poteri protettivi e perciò Kami» (Holton 46-47). Kami esprimeva in un unico ideogramma una varietà di significati relativi agli esseri tutelari o alle cose divine. Non è quindi sorprendente constatare che la tradizione giapponese collegava animisticamente la spada al fulmine. Il Nihongi nomina anche la «corta spada chiamata izushi che si diceva possedesse il potere miracoloso di scomparire spontaneamente» (Holtom, 45). Alcuni autori ritengono che il significato religioso attribuito a quest'arma sia basato sulla sua importanza strategica nelle ere della fusione della nazione nipponica, quando i buschi avanzavano implacabili verso nord, ricacciando i bellicosi Ainu. L'arco, le frecce e la lancia avevano un ruolo nel combattimento a grande e media distanza; la spada veniva usata per concludere gli scontri corpo a corpo. La mistica che circondava quest'arma, infatti, si rispecchia nelle cronache delle epoche mitiche del Giappone. Narra il kojiki, libro fondamentale dello shintoismo, che il dio Haya Susanoo figlio del dio Izanagi, creatore, insieme alla dea Izanami, delle isole nipponiche venne esiliato nella regione di Izumo dalle otto centinaia di decine di migliaia di dei. Qui egli uccise un drago con otto teste per salvare una vergine, offerta in sacrificio al mostro. Ucciso il drago, si affrettò a tagliarlo a pezzi con la propria spada, tuttavia, giunto alla coda, non riuscì a troncarla, e il filo della spada s'intaccò. Aperta la coda per tutta la sua lunghezza, Susanoo vi trovò all'interno una grande spada, che si chiamava Tsumugari ( La Ben Affilata). Consegnò la spada alla dea solare Amaterasu, che la diede poi al nipote Ninigi, allorché questi discese dal cielo per governare il Giappone. La spada fu infine ereditata dagli imperatori, il decimo dei quali, Suigin, la fece porre nel tempio di Ise. Il principe Yamato Takeru, figlio del XIV imperatore, accingendosi a compiere la sua spedizione contro gli Ainu, si fece consegnare la Tsumugari e la portò con se durante la campagna di guerra. Un giorno i nemici attrassero il principe in una prateria e diedero fuoco alle sterpaglie. Yamato Takeru falciò prontamente l'erba in fiamme ( o fu la spada stessa a farlo per magia...) creandosi così un varco. Da quel giorno, la spada si chiamo Kusanagi no Tsurugi ( La Spada Falciatrice d'Erba). è significativo che questa spada provenga proprio da Izumo, regione ricca di minerali ferrosi. Essa viene consegnata agli imperatori del Giappone il giorno della loro incoronazione, insieme allo Specchio e alla Gemma, simboli di Amaterasu.
La spada è, da sempre, l'anima stessa oltre che il simbolo della classe guerriera giapponese. Ancora una volta il mito si fonde con la storia attribuendo a quest'arma, essenziale nella sua micidiale praticità, significati magici e origini divine. Le Sanshu No Shinki, i tre simboli sacri, come abbiamo visto comprendevano la spada ( lo spirito guerriero) il gioiello ( il senso estetico) e lo specchio (la spiritualità): secondo la leggenda, furono consegnati dalla dea del sole Amaterasu a Jimmu Tenno, il primo imperatore. prima ancora di passare nelle mani imperiali la spada sacra aveva avuto un passato mitico.
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La spada imperiale non è però l'unica a vantare poteri sovrannaturali. Il segreto della forgiatura delle spade giapponesi si è spesso ammantato di un alone mistico che i maestri forgiatori hanno alimentato per proteggere la loro arte. C'erano spade dotate di un Kami (divinità strettamente legate agli spiriti degli antenati) positivo e spade maledette come quelle di Muramasa che si dicevano possedute da un incantesimo. Chi le usava era sì destinato alla vittoria ma anche alla perdizione, quasi che il Kami negativo e sanguinario della spada potesse corrompere il suo padrone. Numerose, in Giappone, furono le superstizioni concernenti la lama delle spade. Alcune si riferivano a particolari eventi che potevano accadere al manufatto, oltre ai segni presenti sulla lama, altre ancora alla lunghezza di quest'ultima, le cui variazioni potevano avere significato fausto o infausto. I segni lasciati dal processo di forgiatura sulla superficie della lama venivano interpretati secondo le leggi della divinazione: difetti o gruppi di nie agli occhi dell'aruspice diventavano animali, costellazioni, corpi celesti eccetera, dai quali venivano ricavati i più diversi presagi. Di fatto la katana, la spada del Bushi, per la sua perfezione tecnica e la micidiale capacità di uccidere è diventata il simbolo stesso delle Arti Marziali nipponiche, incarnandone nobiltà e letale efficacia.
Per quel che riguarda le tecniche della forgiatura ancora una volta, accanto al mito, si profila una innegabile influenza cinese. La lavorazione del ferro era conosciuta nella Cina del Nord sin dal VI secolo prima di Cristo. I giapponesi vennero a conoscenza dei suoi segreti probabilmente intorno al 362 d.C., durante l'invasione che li portò in Corea e Cina. Anche la tecnica di forgiatura, come gran parte della cultura marziale e della filosofia Buddhista sembrano essere approdate nelle loro ferme più sofisticate proprio in quest'epoca.
Col termine NippontÔ s'intendono diverse tipologie di lame sia da fianco che d'asta. Le spade vere e proprie (TÔken), prerogativa esclusiva dei Samurai, erano la Tachi e la Katana. Come accennato nell'introduzione, solo i Samurai, anticamente, potevano portare lame superiori ai 60 cm. Queste, generalmente, venivano esibite dagli uomini d'arme in speciali combinazioni (DaishÔ) comprendenti due lame: (Tachi e TantÔ prima del XVIII secolo; Ukhigatana e Wakizaschi, dopo il XVII secolo. Secondo il tipo di montatura le spade si portavano sospese o infilate nella fascia-cintura (Obi).
Secondo la morfologia (Tsukurikomi) delle lame, le spade giapponesi vengono designate con un termine che ne contrassegna lo stile, per esempio: Hirazukuri (col piatto senza costolatura), Shinogizukuri (con costolatura longitudinale spostata verso il dorso), Kiroazukuri (con costolatura longitudinale più vicina al tagliente) Moroazukuri (a doppio filo).
I
samurai si svilupparono a partire dal sec. IX, quando
l'aristocrazia delle province si trasformò in un'élite
militare che aveva anche poteri amministrativi.
Alla fine
dell'era Nara all'inizio del IX sec., nei Nihongi, gli
annali del Giappone, si comincia ad usare il termine
Saburau, coloro che servono, in alternativa all'ancora più
arcaico Bu-shi, coloro che combattono. Dalle
spade a comune lama dritta (omi-yari) si arrivò, verso la
fine del XV° secolo alle magari-yari, con lama a forma di
"10" (ovviamente come lo si scrive in giapponese) e per
questo chiamate jumonji-yari. La sbarra trasversale (hadame)
di questo tipo di lama era utile a parare meglio i colpi e a
disarcionare i cavalieri. L'eventuale fodero era laccato in
nero o nero-blu.
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Già nel makimono del Tenshin Shoden Katori Shinto ryu si parlava del Kenjitsu non più come una mera tecnica marziale ma come una disciplina attraverso alla quale giungere all’illuminazione. Ciò naturalmente implicava che l’abilità di usare la spada non fosse più un mezzo di sopraffazione e che il vero bushi (guerriero) non dovesse farne uso che per fini nobili o per salvare la propria vita. Si trattava di un concetto rivoluzionario per la filosofia del bushido ma in realtà andava sciogliendo il vincolo che legava il samurai al suo padrone sino all’estremo sacrificio.
La spada giapponese viene forgiata per stratificazioni di ferro acciaioso con tenore di carbonio diversificato. Lo spadaio inizia il processo di forgiatura partendo da un nucleo di ferro (Tamahagane) con elevata percentuale di carbonio (più del 1%), risultato della fusione di minerale ferroso nelle fornaci di tipo Tatara. Queste fornaci, di origine continentale, risalgono almeno il VI secolo. In Giappone si è cominciato a ripristinarle, nella loro forma originaria, a partire dal 1970. Il minerale introdotto nel Tatara eè prevalentemente sabbia ferrosa (Satetsu). La temperatura raggiunta nella fornace si aggira intorno ai 1200 - 1500° C, ottenuta bruciando carbone di quercia e di pino. Alla fine del processo di fusione, che dura alcuni giorni, il forno viene distrutto e sul fondo si raccoglie un blocco di ferro e di acciaio chiamato Kera, con tenore di carbonio fino al 1,5% è questo il Tamahagane. Altre parti con minori percentuali di carbonio verranno utilizzate durante la forgiatura della spada per graduare il contenuto in carbonio degli strati diversificati che compongono la lama. I requisiti più importanti di una spada giapponese sono la resistenza a rottura e a flessione. Per raggiungere questo risultato, si porta a 1000° C una barra di acciaio dolce (Shingane) a basso contenuto di carbonio (0,2 - 0,3%), avvolta in un guscio di acciaio duro (Kawagane) a elevato contenuto di carbonio (0,6 - 0,7%). Il processo descritto, utilizzato per la forgiatura delle spade più comuni, si chiama Kobuse sanmai kitae. Si conosco almeno 50 tipi di forgiatura per stratificazione, che possiamo tuttavia ridurre a una decina di schemi fondamentali. Il panetto di acciaio, con cui saranno costituite le principali superfici esterne della spada, viene piegato e martellato ripetutamente (almeno 15 volte). Piegatura e martellatura consentono di eliminare tutte le impurità e i grani più grossi di carbonio, e di conferire alla lama le nuove percentuali di carbonio desiderate. 5 piegature producono 32 strati a basso tenore di carbonio: questo acciaio non può essere indurito per immersione in acqua e viene perciò utilizzato per il nucleo interno della spada. 10 piegature producono 1.024 strati, dando origine all'acciaio più duro, adatto ai piatti ed al dorso della lama. 15 piegature producono 32.000 strati. In una barra spessa circa 2,5 cm, ogni strato viene così ad avere spessore molecolare. Ulteriori piegature sono inutili e portano addirittura a una perdita del 90% del materiale iniziale. A seconda della damascatura che si crea (Jihada), la superficie dell'acciaio può essere chiamata:
La formazione del blocco stratificato, da cui parte la creazione della spada vera e propria, si chiama Tsukurikomi, "strutturazione".
Anche se in modo meno cosciente
di quanto sarebbe avvenuto per l’arte della lotta fu la
scherma, la disciplina principe del bujitsu, a compiere il
primo passo sul cammino del Do.
In ordine alfabetico:
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L'ideogramma nell'immagine superiore, riportato in altre realizzazioni grafiche, ha come significato: L'Anima della Spada. Esso è stato elaborato dal Sensei Otake del Thenshin shoden Katori shinto ryu. |
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