ADDESTRARSI
COL PENSIERO |
a cura |
di |
Antonia Barbieri |
Coofondatrice della |
Federazione Italiana
Scuole Marziali Multidisciplinari |
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La
maggior parte delle discussioni filosofiche sulla
coscienza nasce dall'assunto della separazione tra mente
e corpo, formulato dal filosofo francese René Descartes
nel XVII secolo. Descartes diede alla coscienza il
significato di "consapevolezza soggettiva" di sé e dei
propri contenuti mentali e la considerò come l'unica
forma di conoscenza di cui l'essere umano non possa
dubitare.
Il filosofo inglese
John Locke identificò invece
la coscienza con le sensazioni e le percezioni fisiche
che essa stessa registra, mentre i filosofi tedeschi
Gottfried Wilhelm Leibniz
e
Immanuel Kant le attribuirono
un ruolo più centrale e attivo nella organizzazione
dell'esperienza umana.
Il filosofo che influenzò più direttamente i successivi
studi sulla coscienza fu il tedesco
Johann Friedrich Herbart.
Egli sostenne che le idee possiedono una certa qualità e
intensità e che possono favorirsi o inibirsi a vicenda.
Le idee possono così passare da stati di realtà (consci)
a stati di tendenza (inconsci) e la linea che separa
questi due ambiti costituisce la cosiddetta "soglia
della coscienza". Questa concezione favorì lo sviluppo,
da parte del fisiologo tedesco
Gustav Theodor Fechner, della
misurazione psicofisica della soglia della sensazione e
il successivo sviluppo, da parte di
Sigmund Freud , del concetto
di inconscio. Lo studio sperimentale della coscienza
ebbe inizio nel 1879, quando il fisiologo e psicologo
tedesco
Wilhelm Max Wundt fondò a
Lipsia il primo laboratorio di ricerca in psicologia
sperimentale. Per Wundt, il compito della psicologia era
lo studio della struttura della coscienza, che si
estendeva alle sensazioni e che includeva i sentimenti,
le immagini, la memoria, l'attenzione, la durata, la
dinamica e il movimento. La metodologia impiegata da
Wundt si basava sull'introspezione: i soggetti
riferivano allo sperimentatore i contenuti mentali della
propria esperienza cosciente. Questo approccio
introspettivo fu, in seguito, pienamente sviluppato
dallo psicologo americano
Edward Bradford Titchener.
Secondo il Neuroscienziato Richard Passingham, docente
presso l’Università d’Oxford (Inghilterra) nell’uomo,
come in un’orchestra, tutti gli elementi eseguirebbero
la propria parte parallelamente agli altri, dando vita
ad un insieme armonico.
La corteccia motoria, una volta ritenuta il direttore di
quest’orchestra, sarebbe in realtà una sorta di primo
violino, da cui partono i lunghi funicoli nervosi che
arrivano ai muscoli degli arti, trasmettendo loro gli
impulsi che danno il via alle contrazioni muscolari. E
sempre qui sono elaborate enormi quantità d’informazioni
sensoriali che arrivano dagli occhi, dai muscoli, dai
tendini e dalle articolazioni. Entra in gioco poi anche
la corteccia premotoria, il cui ruolo diventa
determinante quando il movimento è semplicemente
pensato.
Le cellule di questa struttura si accendono alla sola
idea dell’azione: se il Marzialista immagina mentalmente
la tecnica che dovrà eseguire, nella sua testa avvengono
gli stessi processi che si compiono durante il duello
vero e proprio e sono persino attivati i muscoli
coinvolti, ma gli impulsi nervosi rimangono al di sotto
della soglia d’esecuzione. A tutto vantaggio della
prestazione effettiva, stando alla tesi secondo cui
utilizzando spesso i collegamenti nervosi si accelera lo
scambio di segnali e si migliora l’intenzione delle
cellule nervose, cioè dei neuroni.
Questa elaborazione mentale, se negativa, è la stessa
che vi consiglierà di abbandonare il combattimento,
scaricando l’adrenalina che avrete accumulato, con una
rapida fuga.
Alla fine degli anni Cinquanta
l'interesse per lo studio della coscienza riprese
vigore, con specifico riferimento alle condizioni
naturali o indotte che ne implicano uno stato alterato:
il sonno, il sogno, la meditazione, l'ipnosi e gli
effetti delle sostanze stupefacenti.
Gran parte della ricerca sul sonno e sul sogno è volta a
definire la natura della coscienza in questi stati
psicofisiologici. Per il sogno è stato scoperto un
indicatore specifico: a intervalli di circa 90 minuti,
gli occhi del soggetto che dorme si muovono rapidamente
e, parallelamente, l'attività elettrica del cervello
risulta molto diversa da quella presente nella veglia.
Se il soggetto viene svegliato, riferisce di stare
sognando. Queste ricerche dimostrano che il sonno, un
tempo considerato uno stato passivo, implica invece
un'attività di coscienza.
Durante gli anni Sessanta l'attenzione verso livelli più
elevati di coscienza determinò un notevole interesse
verso le culture orientali, come il buddhismo e lo yoga.
Fiorirono così diversi programmi di addestramento
specifici, come la meditazione trascendentale, e
procedure autodirette di rilassamento fisico e di
focalizzazione dell'attenzione, come le tecniche di
rilassamento.
Fra le tecniche più note si può ricordare il training
autogeno, elaborato dallo psichiatra tedesco J.H.
Schultz intorno al 1930, che comprende particolari
esercizi, che devono essere prima praticati sotto il
controllo di un Istruttore e poi ripetuti dall’atleta
quotidianamente per conto proprio. Attraverso la
ripetizione di questi esercizi si ottiene una
focalizzazione dell'attenzione su varie parti del
proprio corpo o su sensazioni di pesantezza e di calore,
che aiutano il soggetto a imparare progressivamente come
rilassarsi e come raggiungere uno stato di "calma". Il
Training autogeno induttivo è una metodica impiegata da
moltissimi atleti.
A partire dagli anni Settanta è stata messa a punto una
metodica, il biofeedback, che consente, mediante
l'apprendimento di alcune tecniche specifiche, di
estendere il controllo cosciente dell'individuo anche a
sistemi di regolazione corporea il cui funzionamento è
normalmente spontaneo e non influenzato consapevolmente
(quali la pressione sanguigna o la temperatura
corporea). Alcuni ricercatori hanno riscontrato che le
persone sono in grado di controllare, in certa misura,
anche la propria attività cerebrale e, in particolare,
il cosiddetto "ritmo alfa", caratteristico degli stati
di rilassamento e di meditazione. Queste scoperte hanno
portato allo sviluppo di specifici programmi di
addestramento definiti alfa training. |
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IPNOSI
E SPORT |
a cura |
di |
Russel Choen |
Redazione Culturale |
JK Sports on line |
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Negli
anni Sessanta, molte persone sperimentarono gli effetti delle sostanze
psicoattive, in grado di provocare alterazioni di coscienza. Le più famose tra
queste sostanze sono la dietilammide dell'acido lisergico (LSD), il peyote e la
psilocibina. Le ultime due sostanze sono utilizzate nel corso delle cerimonie
religiose delle culture del Centro e Sud America. L'LSD è stata, in particolare,
utilizzata dai ricercatori per il suo potere "psicotico-mimetico" (è in grado,
cioè, di produrre effetti simili a quelli delle psicosi). Queste sostanze hanno
anche effetti collaterali rilevanti, che hanno imposto una notevole restrizione
del loro uso. Settore di grande interesse per lo studio degli stati di coscienza
è l'ipnosi, una condizione intermedia tra il sonno e la veglia, caratterizzata
dall'affievolimento delle capacità critiche e dall'aumento della
suggestionabilità del soggetto, la cui attenzione è completamente assorbita
dalle richieste dell'ipnotizzatore. L'ipnosi ha una lunga e complessa storia,
che interessa in parte la medicina e in parte l'antropologia culturale, oltre a
essere stata molto studiata dalla psicologia. La possibilità di entrare in uno
stato ipnotico dipende dalla suggestionabilità dell'individuo e quindi da tratti
specifici di personalità. Anche i limiti dell'ipnosi sono ormai ben chiari:
molto resta da capire, tuttavia, sulle particolarità dello stato di coscienza
del soggetto ipnotizzato.
Recenti ricerche sui ricordi indotti dall'ipnosi ne hanno
confermato la scarsa affidabilità.
Durante l'ipnosi il soggetto si trova in uno stato di sonno parziale, durante il
quale l'attenzione viene spostata dal mondo esterno e concentrata sulle
esperienze mentali, sensoriali e fisiologiche. Quando un ipnotista induce una
trance, fra operatore e soggetto si sviluppa un rapporto molto ravvicinato. Le
risposte dei soggetti in stato di trance, e i fenomeni o comportamenti che essi
manifestano obiettivamente, sono il prodotto delle loro motivazioni; il
comportamento, cioè, riflette ciò che viene ricercato nell'esperienza.
Benché la maggior parte delle persone sia facilmente
ipnotizzabile, la profondità della trance può variare da uno stato di semiveglia
a uno stato di sonnambulismo profondo. La trance profonda è caratterizzata dal
mancato ricordo di ciò che è avvenuto durante l'ipnosi e dalla capacità di
rispondere automaticamente a suggestioni postipnotiche, purché non provochino
ansia eccessiva. La profondità della trance è una caratteristica relativamente
fissa, dipendente dalle condizioni emotive del soggetto e dall'abilità
dell'ipnotista. Solo il 20% dei soggetti è in grado di entrare in stato di
sonnambulismo con i comuni metodi di induzione. Dal punto di vista medico non si
tratta, tuttavia, di una percentuale significativa, poiché gli effetti
terapeutici si verificano anche in trance leggera.
L'ipnosi può indurre un contatto più profondo con la propria
vita emotiva, provocando in alcuni soggetti l'annullamento della rimozione e
l'espressione di fobie e conflitti nascosti. Tale effetto può prestarsi
all'impiego medico ed educativo, ma anche a errate interpretazioni. Infatti, il
ripristino tramite ipnosi di ricordi antichi e dimenticati può confondersi con
fantasie. «è
mio parere che vi sia molta confusione nei riguardi del training, sia nella
forma autogena sia induttiva o ipnotica. Un conto è il loro utilizzo nei
riguardi della sfera della preparazione tecnica (rivisitazione del movimento e
della tecnica), del rilassamento o nell'analgesia (repressione
del dolore), ben altra cosa è il loro utilizzo per raggiungere od
ottimizzare la forma mentis nelle arti marziali»,
afferma il Maestro d'armi Michele Zannolfi (Fondatore della disciplina Kenjitsu
Hasakido Shu Ha Ri e presidente della Federazione Italiana Scuole Marziali
Multidisciplinari) nel testo "Erudiar
et Erudietur" e così prosegue: «Dalle mie esperienze ho tratto
l'insegnamento che questi trattamenti sono solo succedanei del percorso
tendente ad una corretta formazione mentale, a cui l'atleta deve imperativamente
aspirare. Taluni individui, probabilmente in buona fede, s'improvvisano novizi
Mesmer , divenendo gestori di
forme di manipolazione mentale, sottovalutandone l'estrema pericolosità sia per
l'esecutore sia per il "ricevente". Il training, sia autogeno sia ipnotico,
applicato alle Arti Marziali, è paragonabile ad un telone
posto in soccorso al fine d'ammortizzare un salto nel vuoto. In mani inesperte
esso può svanire senza alcun preavviso. Quando il training fallisce, il
cedimento nell'atleta può essere devastante, se non distruggente».
Nello sport convergono il movimento, il ritmo, la coordinazione, la
sincronizzazione, che sono tutte caratteristiche proprie dell'emisfero destro.
Se proviamo a pensare coscientemente a quello che stiamo facendo, solitamente
tendiamo a confonderci; diveniamo troppo coscienti di noi stessi. In altre
parole, invece di utilizzare solo l'emisfero destro, facciamo entrare in azione
anche quello sinistro. Il sistema nervoso autonomo, che funziona
automaticamente, è sotto il controllo dell'emisfero destro. L'uomo occidentale
è, purtroppo, dominato dall'emisfero sinistro, cosa che gli impedisce di
raggiungere il proprio pieno potenziale. Nelle arti marziali, come in tanti
altri sport, è stata messa in luce l'importanza dell'atteggiamento mentale, e,
in particolare l'influenza della mente sul corpo. L'autoipnosi, o l'ipnosi,
possono senz'altro migliorare l'autocontrollo in tutte le sue molteplici forme,
ma, secondo il parere di esperti marzialisti, è una pratica lesiva se utilizzata
nella Via del bushido.
Il "Buon Guerriero" percorre
giorno dopo giorno un cammino fatto di sacrificio, devozione
e disciplina. Acquisisce nel tempo, dopo essersi messo più
volte alla prova, certezze che non possono certo
essere raggiunte con le metodiche del training o
dell'ipnosi. Il convincimento d'essere preparati al
combattimento, al primo colpo di percussione o alla prima
tecnica lesiva, cadrebbe rovinosamente al suolo insieme allo
stesso "atleta".
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