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Ufficialmente risalenti a 200 anni avanti Cristo, scoperti trent'anni fa a Xian, storica città della Cina

           

MERAVIGLIA O  RAGGIRO?

Un insieme di oltre 6.000 statue viene scoperto a Yanzhai (CINA). In questo articolo riportiamo alcune di queste tesi.


 

L'esercito di terracotta

straniti quanto presenti

(Yanzhai - Cina - marzo 1974)

di Vittorio Di Giuro

"Appaiono in filari di luce e ci lasciano intimoriti"

 

Ch'in o Qin fu la dinastia imperiale che tra il 221 e il 206 a.C. unificò l'intero territorio della Cina. Prese il nome dal regno feudale di Ch'in, il cui re, sconfitti gli altri stati feudali, assunse per primo il titolo di "imperatore celeste" con il nome di Shi Huangdi. Togliendo ogni potere alla nobiltà feudale, egli suddivise i suoi enormi possedimenti in trentadue province facenti capo a un governo fortemente centralizzato; vennero unificati pesi, misure, moneta e la lingua cinese scritta.

Ogni forma di dissenso fu stroncata ricorrendo ai lavori forzati per la costruzione della Grande Muraglia, concepita a difesa del confine settentrionale.

Le armate imperiali conquistarono il Sichuan, lo Yunnan e il Guizhou, giungendo sino al Fiume Rosso e raggiungendo anche il Lanzhou e la Corea. Alla morte, nel 210 a.C., Shih Huang-ti fu sepolto nei pressi dell'odierna Xi'an in un mausoleo simbolicamente difeso da un esercito di migliaia di guerrieri di terracotta a grandezza naturale. Un insieme di oltre 6000 statue in terracotta raffiguranti soldati e cavalli a grandezza naturale, rinvenute nel 1974 a Qin, presso Xi'an, in Cina.

Le statue si trovavano in una camera sotterranea, scoperta da alcuni contadini mentre scavavano un pozzo; disposte in file ordinate pronte al combattimento (da cui la denominazione convenzionale di "armata"), rappresentano probabilmente persone esistite nella realtà.

I finimenti di cavalli e carri sono in bronzo e cuoio, e alcuni accessori dei soldati sono realizzati in giada e osso. Gli archi, le frecce, le lance e le spade dai profili taglienti sono forgiati in una lega metallica che ha mantenuto nel tempo la lucentezza originaria.
Secondo un'ipotesi archeologica e storiografica molto accreditata, l'armata di terracotta costituiva parte del corredo funebre di Shi Huangdi, primo imperatore della dinastia Ch'in, colui che diede inizio ai lavori per la costruzione della Grande Muraglia.

Il complesso della tomba risale a circa 2100 anni fa e pare si estendesse su un'area di 50 km2, conservando al suo interno numerosissimi oggetti funebri: così affermano antiche scritture cinesi, che descrivono un grande palazzo costruito sotto un tumulo per ospitare l'imperatore morto. I ritrovamenti archeologici comprendono una serie di grandi bronzi - i più antichi conosciuti in Cina - e oltre settanta sepolture; la cella funeraria del sovrano, tuttavia, non è stata ancora rinvenuta.

Succedette a Shih Huang-ti il figlio Huhai, costretto al suicidio nel 207 a.C., nel corso di una delle frequenti congiure di corte che tormentarono il suo regno, unitamente alle rivolte popolari contro l'arruolamento obbligatorio e le tasse eccessivamente gravose.

Priva di una forte autorità centrale, la Cina rischiò di tornare alla passata frammentazione, ma il processo unitario venne rilanciato nel 202 a.C. da Gao Zu, capostipite della dinastia Han.

"Alcune teste mancanti ci riportano alla realtà"

 

Nonostante la brevità del suo regno, la dinastia Ch'in (221-206 a.C.) svolse un ruolo importante nella storia cinese. Il collasso politico del tardo impero Zhou orientale si concluse con un consolidamento del potere da parte dell'imperatore Shi Huangdi dal quale la Cina derivò il suo nome. Quando questo potente signore morì, fu sepolto in un grande tumulo nella provincia nord occidentale dello Shanxi. Questa tomba, scoperta nel 1974, conteneva oltre settemila statue di uomini e animali in terracotta poste a protezione della cripta imperiale.

Originariamente, questa armata di terracotta era dipinta a colori vivaci. Nonostante i sacrifici umani associati alle sepolture Shang fossero stati abbandonati da tempo, il desiderio di protezione per affrontare il viaggio dopo la morte rimaneva un elemento importante della pratica funeraria.


Il figlio di Shi Huangdi, suo successore sul trono imperiale, fu incapace di conservare il potere paterno: la dinastia Han governò la Cina per oltre quattro secoli (202 a.C. - 220 d.C.), un periodo di importanza vitale nel corso della storia del paese.

 

La scoperta dell'esercito di terracotta

di anonimo

 

Una mattina di Marzo del 1974, un contadino della zona di Yanzhai (CINA) si accinse a scavare una buca per farne un pozzo, al fine di consentire una migliore irrigazione del proprio campo. La zona di questo scavo era a circa 1500 metri dal tumulo imperiale dell'imperatore Qin Shihuangdi (Chi She Huang Ti) ed a circa 35 chilometri dalla città cinese di Xian. Mentre procedeva nello scavo, rinvenne la testa di un guerriero in terracotta. Il contadino fiutò subito la scoperta e si recò col reperto presso il comitato della comune agricola cui esso apparteneva. I responsabili della comunità informarono il governo centrale e nel 1976 vide la luce una storica campagna di scavi in quella zona, storica perché di lì a poco si sarebbe pervenuti alla più grande scoperta archeologica del ventesimo secolo.

Descrizione del sito archeologico



La zona degli scavi è stata protetta da un hangar ed è stato vietato l'uso di macchie fotografiche per non rovinare i reperti. Sotto l'hangar sono state scavate tre fosse, dentro ogni fossa è stato rinvenuto un esercito di terracotta. Di queste fosse la più studiata è quella che gli addetti agli scavi identificano come la numero uno. Essa contiene circa 6000 guerrieri di terracotta.

 

"L'artificio è ben celato dalla rossa sabbia"

 

Come sono i guerrieri?

I guerrieri di terracotta sono stati ricavati da alcuni stampi e rifiniti a mano. Ognuno di essi è alto da un metro e settantacinque a un metro e novantasette centimetri. Gli archeologi ritengono che si trattava della rappresentazione di un esercito di guerrieri scelti per formare la guardia imperiale, in virtù anche dell'elevata statura delle statue da considerarsi fuori la media in riferimento alle popolazioni orientali. Ogni statua è piena di materiale di risulta fino alla cintura, mentre è vuota dalla cintura in su, ciò - con ogni probabilità - per dare alla statua la possibilità di stare in piedi senza precarietà. I guerrieri sono disposti in tre file di settanta (tra balestrieri e arcieri) ognuna di queste tre file apre una falange. Dietro questi, infatti, vi sono trentasei file circa di centocinquanta guerrieri l'una che costituiscono le varie squadre d'attacco, in totale nove. Ogni squadra è composta da quattro file ed è scortata da un carro con un auriga (= guidatore di carro sia da guerra sia da corsa) ed un arciere, trainato da quattro cavalli. I cavalli misurano in media due metri di lunghezza per un altezza di circa un metro e mezzo al garrese (= Regione del corpo dei quadrupedi compresa tra il bordo superiore dell'incollatura e il dorso e sovrastante le spalle. Altezza al garrese, cifra che esprime l'altezza del garrese dal suolo, usata sovente per dare un'idea della taglia di mammiferi selvatici o domestici). I guerrieri rinvenuti nella fossa sono in assetto di guerra, come dimostra la grande quantità di armi ritrovate. Di queste sono state trovate essenzialmente lame e punte in bronzo o ferro: il resto dell'arma in legno non è stato ritrovato per via della irrimediabile deperibilità di questo materiale. Le lame ritrovate sono tutte perfettamente affilate e tuttora in grado di svolgere il loro compito. Il materiale con cui esse sono fabbricate è il Bronzo (lega tra rame e stagno). Una strana curiosità relativa a tali guerrieri è il fatto che ogni guerriero è diverso dall'altro, anche se - a onor del vero - sembra doversi riconoscere un certo grado di approssimazione dovuto forse a fretta, nella realizzazione delle acconciature. Le diversità dei guerrieri non sono relative solo ai tratti somatici ma anche nell'abbigliamento, infatti varie sono le uniformi dei guerrieri, ciò è stato spiegato dagli archeologi dicendo che all'epoca imperiale (200 a.C.) la guardia dell'imperatore era formata scegliendo dai vari eserciti dell'impero i migliori soldati.

 



"Nei volti si scorge l'attesa della battaglia finale"

 

Altre Curiosità

Fra i vari guerrieri, nei tratti somatici,non mancano quelli che mostrano qualche difetto: labbro leporino, orecchio mozzato, naso storto, cicatrice in viso, ma al di là di tutto, chiunque abbia visto i guerrieri li ricorda per la loro espressione immobile e rassegnata, per dirla in una sola parola triste.

Da qualche tempo si è riparlato di tale esercito poiché delle muffe lo stanno aggredendo deteriorando i mirabili guerrieri. Da qui è nato un accordo tra il governo cinese ed una casa farmaceutica che ha prodotto un potente funghicida, innocuo per l'uomo, ma letale per le muffe.

"Tutto indica quiescenza, dalle briglie alla linea dei corsieri"

Come mai un esercito di statue stava vicino ad una tomba imperiale?

Secondo alcuni la risposta è semplice: nel periodo a cui risale l'esercito vennero abbandonati i sacrifici umani che furono sostituiti con il "sacrificio" di statue dette oggetti di luce, secondo gli studiosi assertori di tale tesi, è questo il contesto esatto nel quale inserire l'esercito di terracotta. Grandi e tanti sono i misteri della Cina, la magia e la religione si fondono in un filo unico, sottile e labile. lungo questo filo, legato ad una tradizione che diventa mito si inserisce una leggenda, che volle l'esercito come un esercito vero pietrificato per un antico sortilegio che aspetta ancora di essere spezzato.

     

L'ottava meraviglia del mondo

Ma se fosse una "patacca" di regime?

(15 dicembre 2002)

 

di Jean Leclerc du Sablon:

L'empire de la poudre aux yeux

 Editore Flammarion

"Mutevoli nei tratti, regalano quiete e forza"

 

Secondo la clamorosa tesi di un reporter francese "veterano" di cose cinesi, le centinaia di statue di guerrieri di Xian, ufficialmente risalenti al 200 a.C, sono una "patacca" di regime.


E se "l'ottava meraviglia del mondo", come l'ha definita Jacques Chirac, fosse tutta una messa in scena? Si parla della "armata di terracotta", le centinaia di statue a grandezza naturale di guerrieri, ufficialmente risalenti a 200 anni avanti Cristo, scoperti trent'anni fa a Xian, storica città della Cina.

Ma è proprio così? Non pare proprio. La spettacolare Grande Armata sarebbe una colossale messa in scena a fini politici, il capolavoro dell'arte della finzione in cui la Cina di Mao si è per anni esercitata con successo, e che anche i suoi successori coltivano. A sostenerlo è Jean Leclerc du Sablon, uno dei più brillanti giornalisti francesi, grand-reporter del Figaro, all'inizio degli anni Settanta corrispondente a Pechino per l'Agence France Presse, e poi per l'Express e infine per il Figaro stesso.

Leclerc du Sablon non è solo uno che conosce la Cina, ma la ama pur avendone sempre detestato il sistema politico, che ha conosciuto in tutte le sue sfaccettature: da quello duro, menzognero e chiuso degli anni di Mao, quando lui era uno dei pochissimi giornalisti occidentali a Pechino, a quello attuale, sempre di fondo autoritario malgrado l'apertura e le riforme che, pur nel successo complessivo, hanno comunque comportato abissali disuguaglianze, con milioni di operai buttati sul lastrico in nome dell'efficienza economica da imprese di stato costrette a chiudere.

L'empire de la poudre aux yeux, (o l'Impero della polvere negli occhi), è il titolo del libro in cui Leclerc du Sablon riassume i suoi decenni di esperienza cinese, demolendo tanti totem e icone, politici e culturali. Decine di pagine sono dedicate all'armata, da lui più volte visitata, e di cui contesta la veridicità con gli strumenti del giornalista investigativo e del fine analista politico. Altro che archeologia: l'armata è venuta alla luce quale strumento di lotta politica, in piena rivoluzione culturale, nel pieno dello scontro tra gli estremisti della "banda dei quattro" raccolti intorno a Mao da una parte, e Zhou Enlai e Deng Xiaoping dall'altra. Qin Shihuandi era l'imperatore più ammirato da Mao, che si paragonava a lui. Aveva unificato il paese, sbaragliato gli avversari, e soprattutto aveva sterminato i saggi e i sapienti. Allo sterminio fisico aveva unito quello intellettuale, facendo bruciare tutti i libri, instaurando quello che gli storici chiamano "legismo": le uniche cose che si potevano leggere erano le leggi, gli editti del sovrano. Un po' quello che Mao aveva fatto imitandolo.

Dunque, nell'autunno del '73 comincia la campagna contro Confucio, il grande pensatore, e l'esaltazione del sanguinario imperatore anti-intellettuale: cioè lotta contro Zhou Enlai e esaltazione di Mao. Pochi mesi dopo, marzo 1974, un contadino nelle campagne di Xian, scavando, trova per caso pezzi di una statua in terracotta: fatto frequente in quell'area, ma il contadino considera ciò un evento, avverte il partito locale, che a sua volta lo comunica a Pechino, dove al più alto livello si costituisce un comitato segreto.  Secondo una versione ufficiale, i pezzi vengono messi insieme e si ricostruisce un soldato; secondo un'altra, sono messi insieme due soldati. Sempre secondo la versione ufficiale, il comitato segreto - in una fase in cui infuria l'iconoclastia per cui tutto "il vecchio" va distrutto- manda sul posto una squadra di archeologi, che comincia gli scavi senza neanche pensare a grandi scoperte: "Ma perché allora il comitato segreto al livello più alto?" si interroga l'autore. Breve. Qualche mese dopo viene annunciata la scoperta della tomba dell' imperatore e della sua armata, testimonianza della sua grandezza e delle alte conquiste di quella sua civiltà che aveva bruciato i libri e sterminato chi osava pensare.

Da questa iniziativa propagandistica di lotta politica- risoltasi alla morte di Mao con la sconfitta dei suoi estremisti sostenitori nasce la grancassa sull'armata, che i nuovi dirigenti assecondano poi senza più fine ideologico, ma nazionalista e a scopo di attrazione turistica.

Inizialmente di poche statue, l'armata diventa sempre più numerosa, fino a raggiungere le centinaia di soldati, ufficialmente grazie agli scavi, ed è destinata a crescere: in realtà, secondo Leclerc du Sablon, grazie a un inaccessibile laboratorio lì vicino, la cui funzione ufficiale è restaurare i reperti, ma che invece produce in continuazione nuovi, antichi guerrieri.

Che dire? Leclerc du Sablon ama troppo la Cina per scagliarsi senza motivo contro una delle sue icone, ma da eccellente giornalista ha il gusto della demistificazione: che si appunta anche sulla Grande Muraglia, vista non come gigantesca opera di difesa, secondo la vulgata, tanto che non è mai servita a fermare invasori; ma come muro che imprigiona l'intero paese.

Cita Lu Xun, il grande scrittore del secolo scorso: "Mi sono sempre sentito imprigionato dalla Grande Muraglia, questo muro di vecchi mattoni che viene sempre consolidato.

Il vecchio e il nuovo cospirano nel confinarci tutti. Muraglia grandiosa e maledetta". E in questo spirito Leclerc du Sablon conclude: "Non ho mai smesso di amare la Grande Muraglia, non per fermarmi davanti alla sua potenza immaginaria, ma per la semplice gioia di passare oltre, e di evadere sui cammini della libertà, verso l'ignoto".

Un libro palpitante di amore per la Cina e il suo "oceano di umanità", e di sprezzo verso il suo sistema politico, di ieri e di oggi; e anche una curiosa miscela emotiva: da una parte ripulsa per la Cina odierna del travolgente successo economico, del business, del denaro; dall'altra, nostalgia quasi di una Cina più povera e miserabile che frugale, dell'oceano di umanità di umiliati e affamati dell'età maoista in cui la "polvere negli occhi" era regola di stato, di ufficiale prosperità col Timoniere mentre si faceva la fame fino al cannibalismo, come l'autore stesso racconta.

 

 

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