Page 50 - TESI DI RICCARDO ZANNOLFI
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perché metteva in luce l'arbitrarietà e l'incertezza del mondo di diritto comune
tradizionale, è il trattato “Dei difetti della giurisprudenza” del 1742.
Il trattato sollevò le proteste dei giuristi tradizionali, e in particolare degli
influentissimi napoletani. L'opera, tuttavia, non voleva sovvertire il mondo del
diritto comune, tanto è vero che era dedicata Benedetto XIV, Papa riformatore dello
Stato Pontificio.
Muratori proponeva solo una serie di provvedimenti che mettessero fine
all'incertezza di opinioni dottrinali e giurisprudenziali sulle quali non era più
sopportabile l'arbitrio dei giudici. Secondo Muratori, i giudici erano divenuti padroni
ed arbitri della giustizia. In buona sostanza, prospettava una politica del “giusto
mezzo”, in quanto l'esigenza di chiarificazione non escludeva le leggi di Giustiniano
e le norme di diritto patrio. Mirava, piuttosto, ad una rielaborazione
dell'ordinamento vigente, che obbedisse al canone della precisione e della certezza,
nonché al ricorso, nella riforma della legislazione, ai principi fissi del diritto naturale.
Pietro Verri (1728 -1797) filosofo, economista, storico e giurista italiano, con la
fondazione del foglio periodico “Il caffè” creò il punto di riferimento del
riformismo illuministico italiano. Oltre ad esprimere il proprio biasimo per la
mentalità fondata sui pregiudizi, opera una distinzione fra il ruolo della legge,
considerata come "ordine pubblico del sovrano che obbliga le azioni dei sudditi
generalmente" e quello del giudice, che doveva essere "servo della legge e mero
esecutore di essa letteralmente". Con l'altra sua opera “Osservazioni sulla tortura”
esprime la sua contrarietà all'uso della tortura definendo ingiusto e antistorico un
modello così efferato di giurisprudenza e auspicando l'abolizione di questi metodi.
Verri scrisse l'opuscolo influenzato dalla grande opera del collega Beccaria. Nelle
“Osservazioni”, che sono un invito ai magistrati a seguire le idee di Beccaria, la
dialettica di Verri è cruda: la tortura è una crudeltà perché se la vittima è innocente
subisce sofferenze non necessarie. Inoltre gli accusati rinunciano nella tortura alla
loro difesa naturale istintiva (sono indotti comunque a dichiarare quello che
richiedono gli inquisitori) e ciò viola la legge di natura.
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