Page 51 - TESI DI RICCARDO ZANNOLFI
P. 51
Cesare Beccaria (1738 -1794) con la sua opera “Dei delitti e delle pene” (1764) dette
un contributo fondamentale al movimento di riforma del diritto penale
settecentesco.
In poche fitte pagine riuscì a condensare le istanze illuministiche relative a riforme
profonde del diritto e della procedura: la presunzione di innocenza, il principio
nullum crimen, nulla pena, sine lege (nessun reato, nessuna pena senza una specifica
previsione legislativa), l'abolizione della tortura giudiziaria e delle pene inutilmente
crudeli e della pena di morte.
Lo scritto racchiude le istanze umanitarie e lo sdegno morale che suscitava il corso
della giustizia criminale del tempo.
Tuttavia proponeva pragmaticamente anche un sistema nuovo basato sul calcolo e
sulla precisione geometrica. Dall' opinione che i sudditi hanno messo in comune (e
affidata al sovrano) una certa porzione della libertà individuale Beccaria desume
l'illegittimità della pena capitale, della quale, inorridito dalla crudeltà con cui troppo
spesso si infliggeva, egli fu un appassionato oppositore: come nessuno è libero per
natura di cedere la propria vita, così nessuno poteva consegnare a un sovrano il
diritto di portargliela via.
L'originalità “Dei delitti e delle pene” consiste, soprattutto, nella struttura dell'opera,
che coordina singoli motivi censori in un insieme ordinato che coinvolge l'intero
sistema penale, vale a dire tanto il diritto penale sostanziale quanto il diritto penale
procedurale. L'opera complessivamente auspicava un assetto normativo in cui le
leggi non fossero frutto delle occorrenze contingenti o il risultato dell'esigenza di
una minoranza di notabili, ma dovevano tutelare i diritti individuali.
Gaetano Filangieri (1752 -1788) filosofo e giurista napoletano, scriveva (in sintonia
con Beccaria) che nello “stato di natura” il diritto di punire colpe (mala in se) spetta
a ciascun individuo, ma nello Stato esso viene trasferito al potere sovrano; viceversa
il diritto di punire i semplici mala prohibita, le cose originariamente indifferenti ma
vietate dal legislatore, deriva da una supposta fonte “contrattuale” tra i sudditi e il
sovrano.
51